martedì 17 giugno 2003

controkarma: intervallo


 



Della stazione centrale ho in mente l’odore, il suono e il movimento.


L’odore strano che ti penetra con forza le narici appena superi la scala mobile centrale, quella che dalle biglietterie ti porta ai binari; un odore internazionale, non so se mi spiego. Qualcosa che ha a che fare con il posto chiuso, ma non troppo, con le persone che si trascinano i bagagli e i negozi che vendono schifezze commestibili a poco prezzo. Un odore di treno e folla in movimento.


Il suono degli altoparlanti multilingue che si perdono nella confusione acustica di migliaia di voci e una quantità variabile di idiomi parlati ad alta voce, e tutto questo riverbera sulla copertura e ritorna amplificato e scomposto in bande sonore differenti.


Il movimento continuo delle scale mobili, le persone che corrono e si fermano all’improvviso a guardare i cartelloni degli orari, i treni che partono e arrivano e i carrettini elettrici che trascinano lenti interminabili rimorchi, con quei clacson strani che tentano di evitare le persone che si dirigono ai binari. Sembra davvero che tutte le strade ti siano aperte; alla stazione centrale la differenza fra Venezia e Lecce è un binario.


Della stazione centrale ho in mente i barboni, quelli che adesso li chiamano “senza fissa dimora”, nella speranza che con un nome diverso la loro sia più presentabile. Ho in mente un documentario di Bertolucci, il fratello di quello famoso, sulla stazione come era quando io avevo 6 anni, con i treni a scompartimenti e i ferrovieri con la divisa tutta blu e un cappello buffo, senza i monitor vicino ai binari e tutti i chioschetti che sono spuntati in questi anni. E poi c’erano i barboni che parlavano e stavano davanti alla telecamera come fosse un gioco nuovo. L’hanno passato su rai 3 ad un’ora di quelle improponibili, tipo le due e mezza di notte. Io l’ho visto qualche tempo fa, ed è stato come una grattugia sulle gengive.


 


Della stazione centrale ho in mente l’infinità di binari che si vedono arrivando in treno, con un sacco di scambi che sembra un labirinto, e all’improvviso si materializzano dal nulla le due arcate della stazione e tu capisci che il tuo viaggio su quel treno è proprio finito quando cominci a vedere il marciapiede che scorre di fianco al treno che rallenta, fino a fermarsi a pochi metri dal respingente a fine binario.


Della stazione centrale ho in mente quella volta d’estate che arrivavo con un treno svizzero super lusso che aveva l’aria condizionata, e io che di solito prendevo i treni locali non avevo fatto caso alla temperatura. Giù dal treno una vampata di calore mi ha bloccato per un momento sul predellino del treno, ed è stato come un attimo di consapevolezza improvvisa.


 



Della stazione centrale ho in mente l’atmosfera di quando esci e ti trovi davanti piazza Duca d’Aosta, con l’hotel Gallia sulla destra e il Mc Donald sulla sinistra


che fungono da estremi della ristorazione, e i tram che attraversano lenti tutta la piazza per poi perdersi nel traffico. Ho in mente le scale sporche che portano ai livelli della metropolitana, dove puoi davvero incontrare di tutto, un’umanità composita che riesci soltanto a sfiorare…



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