mercoledì 18 giugno 2003

l'esperienza estetica


se intendere l'arte come tecnica e originalità non raggiunge il cuore dell'arte, proviamo a staccare l'arte (e ciò che chiamiamo bello) dall'ambito della produzione per quello della contemplazione.
il bello, lo contemplo. non serve a nulla, se non per il fatto che è bello.
il bello viene staccato dal principio di ragione (che è un gioco, una regola, ricordiamolo) per guadagnare un fondamento metafisico. ma questo fondamento metafisico, non riusciamo a raggiungerlo, non riusciamo a metterci d'accordo su che cos'è. è come dire che il fondamento resta inconoscibile, è quella prospettiva totale che è negata all'uomo. non è coglibile è in continuo movimento ed evoluzione.
allora il bello non esiste?
forse.
dicevamo che il bello dipende dalla metafisica cui adederiamo: è dunque una visione del mondo filtrata dall'anima, qualunque cosa si intenda con la parola "anima".


ma cerchiamo di capire cosa accade quando osservo qualcosa di bello.


si crea un feeling fra l'oggetto e il soggetto.
(parentesi: c'è chi sostiene che soggetto e oggetto siano separati. non sono del tutto d'accordo. nella relazione l'oggetto si apre al soggetto e viceversa. si crea un'unità che è qualcosa di più della semplice somma dei due. questo avviene di continuo...)
nel bello si esplicita la relazione fra l'individuo e ciò che non è coglibile (o non esiste affatto, non è questo il problema).
il bello (l'arte, e tutte le esperienze estetiche in generale) ci mette in relazione con ciò di cui non sappiamo neppure che esista, ciò che resta escluso dalle nostre possibilità, e in questo è l'esplicitazione più evidente della comune paranoia di cui è dotato indistintamente tutto il genere umano.
detto fra parentesi, qualcuno si è mai chiesto perché molti artisti vengono etichettati come affetti da turbe psichiche?
chi guarda, di norma si identifica.
l'anima dell'opera (o di qualsiasi cosa bella) svela al soggetto conoscente l'anima del soggetto stesso, e questa è coglibile solo se il soggetto è disposto, se egli è in grado di conoscere-riconoscersi.
l'opera d'arte sta in chi guarda.
per cui se un'opera d'arte (o tutto ciò di cui si può dire che sia un'opera d'arte) vi pare brutta, sono tutti fatti vostri. (per usare una metafora radiofonica, non siete sulla giusta lunghezza d'onda)
e questo è uno dei significati di ciò che intendevano gli orientali con il termine "armonia cosmica".


se stacchiamo il ciò che chiamiamo bello da un fondamento unico e inequivocabile (su cui poi dovreo di sicuro litigare) l'esperienza estetica non riguarderà più la Bellezza in sè, la cui esistenza è un problema metafisico tutto da dimostrare.
l'esperienza estetica sarebbe così l'uomo che riconosce sé stesso (arte è ciò che è in qualche modo sorpassato, diceva Mc Luhan)
è un modo per capire a che punto si è del cammino, per così dire.
se apprezzo le stesse cose di un altro, siamo sulla stessa lunghezza d'onda, abbiamo una sensibilità simile, siamo sullo stesso tratto di cammino. altrimenti no. ma in nessun caso posso dire di essere più avanti o più indietro, perchè semplicecmente non lo so.
abbiamo levato il fondamento (da cui deriva per esempio "fondamentalismo") ma abbiamo salvato il bello, che è ciò che ci permette di conoscere noi stessi.
per cui cercate di capire perché vi piace tanto quel lampadario così kitsch che avete in salotto. siete quello che apprezzate, gente.


ma c'è un piccolo problema.
ne parleremo la prossima volta perchè qui il discorso si fa complesso...

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