martedì 5 agosto 2003

controkarma


and it’s hard to say if they’re happy but they don’t seem much to mind (a. di franco)


alla fine mi sono lasciato convincere. non che ci volesse poi molto a strapparmi dal divano dove guardavo annoiato una puntata già vista di dragon ball. il giappone avanza sulla fascia e ti stende con un calcio volante.


mi ha telefonato sara e mi ha suggerito ruffiana di accompagnarla in un centro commerciale.


meglio divanizzarsi o affrontare la folla arrapata dai saldi estivi? che volete farci, avrò nei geni Lévi Strauss, (claude, sia ben chiaro) e stavolta ho scelto la folla.


-OK. sara, passo a prenderti fra venti minuti- rito espiatorio del sabato pomeriggio.


e allora eccoci qui a sgomitare su una scala mobile mentre ripeto mentalmente 2 milioni di volte il piano e il numero del parcheggio dell’autosilo, altrimenti finisce che restiamo qui a vita, visto che sara è più imbastita di me in queste cose.


-guarda che carino! come credi che mi starebbe?-


-da dio. ce li hai 230 euro?-


-e va beh… ma non è un amore?-


-sì è un amore- mai contraddire una donna che guarda un vestito con il naso appiccicato alla vetrina.


sara saltella impaziente in mezzo ai negozi, a volte entra, a volte resta rispettosa davanti alla vetrina, senza farsi mai travolgere dalle persone che si muovono in branchi migratori. ci vuole classe per farlo. per non farsi travolgere, intendo.


è strano, ma quasi la totalità delle persone non sa che cosa vuole comprare. E’ per questo che hanno inventato i centri commerciali: trovi di tutto, soprattutto quello che non sapevi di volere.


-sara, perché non ti compri quelle ciabatte a forma di bart simpson?-


-sono fantastiche!-


ho creato un mostro, adesso ci sbava dietro…finisce che le compra sul serio.


passiamo con sufficienza dall’abbigliamento all’ortofrutta, fino ad approdare al negozio multimediale; non che mi intenda granchè di hardware, e sara è una che il computer lo giudica da quanto è grande il monitor. ma che cazzo, nei centri commerciali si entra per guardare, giusto? e allora fatemi guardare…


alla fine decidiamo di prenderci un caffè in un bar con i tavolini che danno sul corridoio. è carino, sembra di stare allo zoo, fa l’effetto scimmia che si vede passare davanti alla gabbia un sacco di esseri strani…


io e sara ci mettiamo a fare commenti idioti sulla gente che passa.


-guarda, quello stamattina si è pettinato con la motosega-


-no, è psicologia spicciola: se gli guardi i capelli non vedi il suo vestito vomitevole-


-hai visto quei due che teneri? si tengono per la manina.


-secondo me lui ha solo paura che lei scappi… questione di corretta autovalutazione.


fine pausa caffè. incominciano a guardarci male.


ci rituffiamo tra la folla e ci lasciamo trascinare, via, verso nuove avventure…


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