giovedì 30 settembre 2004

quando soffia il föhn la polvere si alza dai marciapiedi e il lago si increspa coprendosi di venature bianche. si respira un’aria diversa, più laboriosa, elettrica, calda, come se improvvisamente il vento spazzando l’orizzonte dischiudesse nuove possibilità, nuove prospettive.

in effetti oggi non si muove una foglia e fa freddo.

io e un lemming di passaggio (ho sempre ammirato i lemming per via di quella storia dei suicidi di massa, ho sempre pensato che dovessero saperla lunga) discutevamo sulla situazione storica


-c’è qualcosa che ti fa felice?

-camminare

-qualcuno che ti paghi per farlo?

-…

-un’ottima prospettiva.

-del resto non c’è nessuno che mi paghi in ogni caso.

-…


avevo bisogno di una pausa di riflessione, così mi sono infilato nel bosco delle fate, che sta qui a due passi, prima di salire a piedi fino alla canonica, pochi chilometri più sopra.

le fate, nella mitologia nordica, sono entità che vi permettono di fare tutto quello che volete. per questo si accompagnano spesso alle anime dei defunti che hanno trascorso una vita onesta, dette pure.

non è che le fate siano servite a granchè, sia chiaro, a parte avermi predetto che gli insetti un giorno domineranno l’universo.


ultim’ora

john atkins, ricercatore alla facoltà di biologia dell’università di cambridge e roccioso difensore di fascia dell’ipswich town, ha deciso di abbandonare il calcio per dedicarsi completamente allo studio delle implicazioni genetiche del concetto di fallo laterale.

martedì 28 settembre 2004

avevo voglia di scrivere tutte le cifre di π, ma su internet non c’è abbastanza spazio


il mio encefalogramma sembra una tablatura fingerpicking.

ordino una fornitura di 15 quintali di melatonina, da sparare direttamente nella ghiandola pineale.

mi alzo dal letto e metto il coturno, che sta per piovere

lunedì 27 settembre 2004

esco all’aria aperta e sono bianco come bela lugosi dopo essere passato al trucco.

probabilmente avrei dovuto dormire più di 4 ore. oppure ho sbagliato candeggio, chi può dirlo.

il naviglio è verde per l’occasione, le pantegane escono con grazia per un déjeuner sur l’herbe che manet se lo sognava, le bancarelle dell’antiquariato hanno un che di antico, gli acquirenti si adeguano al trend. del resto sono le dieci del mattino.

cerco di riallineare gli assoni e faccio il punto della situazione: insieme ad un team di esperti giovani e ubiqui, sabato sera abbiamo sistematizzato la teoria dei tre stadi della conoscenza:

-stadio zero (non conoscenza)

-stadio uno (conoscenza)

-stadio olimpico


venerdì 24 settembre 2004

provo a verbalizzare un paio di concetti ma tutto quello che ottengo è la scritta remotly queued che lampeggia sull’area di wernicke.

lavori in corpo.

deve esserci di nuovo qualche casino con gli algoritmi, così vado su www.easeyourmind.com per scaricare il kit “priority 2.0” italian version, un eseguibile da lanciare direttamente nell’ipofisi.

poi attacco un post-it sulla porta di casa con scritto “inserire il pilota automatico prima di uscire. va tutto bene”.


alcune cose che ho scoperto oggi:

- la propoli non è granchè come neurolettico, ma in mancanza d’altro, ha un tasso alcolico

- tatarkiewicz mi spia dall’armadietto del bagno (è inutile che mi si dica che nell’armadietto non c’è nessuno: una spia mica si fa prendere così facilmente)

- spruzzarsi lo svitol nelle orecchie non velocizza gli ingranaggi cerebrali

mercoledì 22 settembre 2004

non è che non sto facendo niente, ho in mente un sacco di progetti.
tutti inutili, ad ogni modo.

il sole di alta montagna mi ha regalato una nota di colore. (sarebbe carino dire che è un sol, ma non mi abbasso a tanto). adesso nessuno brandisce dell’aglio ogni volta che mi avvicino troppo.
si fanno ancora il segno della croce, però.
passo il tempo in cucina a torchiare della salsa worcester per ottenere alcune informazioni da passare al mossad.
scrivo qualche parola in codice su un post-it, se mi fermasse il nemico sembrerebbe un’innocua lista della spesa; poi esco e mi dirigo verso il mio contatto, al banco del surgelato della standa.
in macchina mi aspattano frank black e tutti i catholics

alcuni progetti per il prossimo periodo:
· convincere efisio (una specie di telefono cellulare grigio) a prendere in considerazione l’ipotesi di collegarsi a wind invece di insistere su diax swiss
· provare a farmi assumere come giornalista (sempre meglio che lavorare, no?)
· capire come diavolo fa red mitchell in stardust ad ottenere quel suono da un contrabbasso
· cercare di diventare un proteus (vabbè, non faranno una vita interessante, però…)

martedì 21 settembre 2004

restare fermo sul letto, seduto sui talloni a fissare la finestra per 19’33’’ viene considerato dal 67% degli intervistati un comportamento catatonico*

inclinandomi di 6 gradi a dx riuscivo a vedere distintamente un piccione immobile su un filo della luce. curiosamente, nessuno dà del catatonico ad un piccione.

ho passato il resto della giornata immerso nella meditazione orientale, anche se immagino non sia del tutto ortodosso praticare l’i-ching lanciando una figurina di del piero e allineando degli stecchini per ghiaccioli. non sono neanche sicuro del fatto che fissare uno schermo sia da considerarsi una meditazione orientale.


* andrebbe comunque considerato che il 32% di questi non avevano la minima idea di cosa volesse dire la parola “catatonico”

venerdì 17 settembre 2004

l’autunno è alle porte. veramente è anche alle finestre, (non so, che vi hanno fatto le finestre, che non le nominate mai in queste occasioni?) insomma, è un po’ dappertutto.

me ne sto lì a leggere web site story, il periodico più trendy della nuova generazione, pensando che è idiota che nessuno abbia ancora pensato di abbinargli come sottotitolo “buy IT” (giusto per avere qualche royalties da s. king)

il mio cervello ha esposto un cartello con scritto welcome to somewhere, mentre sotto lampeggia il messaggio break only in case of danger.

le tre stanze che occupo abusivamente avrebbero bisogno di una disinfestazione, ma la mia religione mi permette di fare lavori di casa solo durante il giorno della festa di amenotophis iv e suo figlio, giannakopulos, che si festeggia il 23 marzo, oppure la prima domenica di settembre negli anni bisestili, se giove è in prima casa (e quindi non paga l’ici) e venere in casa base; anche un venerdì 17, ma solo se il grande rinoceronte non ha ancora sorpassato la gazzella sull’immaginario filo di lana che va da alnilak a betelgeuse.

(va bene, è una religione complicata, ma quale non lo è?)

un sottile strato di inedia si deposita sulle cellule cerebrali, una cosa tipo pellicola domopak.

avverto per un breve istante un elettrone che rallenta fino ad andare in stallo, prima di invertire lo spin. poi scompare per ricomparire a quantico (virginia) lasciando un vuoto pneumatico nelle sinapsi cerebrali.

tutto questo deve avere una morale, anche se non ho ancora capito quale.

giovedì 16 settembre 2004

alcuni neuroni hanno noleggiato un fokker e girano in loop da ore, altri hanno deciso di adottare una strategia da maquis.

un’onda radio continua a dirmi che alla mia età devo mettere la testa a posto. me la levo e l’infilo nell’armadio, insieme alla naftalina.

c’è qualcosa che non funziona, ma non capisco esattamente cosa. però ho scoperto che leccare del salnitro non aiuta.

vado a farmi una doccia.

quando sei depresso, tutto quello che ti ci vuole è dell’acqua che ti scorre addosso. lo diceva sempre il mio maestro di motivazione, prima che si ritirasse a vivere a niagara falls.

martedì 14 settembre 2004

mi alzo con la faccia di uno che ha sbagliato pusher

provo ad azionare il teletrasporto, ma si deve essere inceppato qualcosa dalla sala macchine. vatti a fidare della tecnologia.

nel pub è tassativamente vietato qualsiasi discorso che non tratti di discipline sportive. io sono bravissimo, anche se ogni tanto provo a buttarla in letteratura, che so, monsieur ibrahimovic e i fiori del corano. mi guardano male.

temo mi guarderebbero male in ogni caso.

torno verso casa.

per la strada incontro:

  • due cavalli (sponsorizzati citroën)

  • una volpe (ma niente uva, è ancora presto)

  • 4 mucche (mu)

  • alcuni daini (adoro i daini. è una questione di pelle, immagino)

    tutti (tranne la volpe, che è furba) debitamente recintati.

    vado spesso a trovare i daini. a volte mi porto anche la chitarra.

    secondo una ricerca commissionata dal centro di igiene mentale di milano, quando suono io, il tasso di suicidi della zona aumenta del 42%.

    l’empals mi permette di suonare solo due volte all’anno e solo in locali semideserti, la finlandia mi ha già diffidato dal suonare nei suoi confini nazionali.

    una commissione di esperti cinesi sta valutando di assumermi per contrastare l’aumento demografico.

    ambisco al titolo di chitarrista più deprimente della provincia, ma ai daini, grazie a dio (ammesso che esista un dio a cui interessi il mio rapporto con i daini), non interessa granchè.


    arrivo a casa intorno a mezzanotte e ascolto miles gloriosus davis e john rosco p. coltrane
  • lunedì 13 settembre 2004

    continuano le agitazioni cerebrali

    pare che il comitato dei lavoratori abbia rifiutato la proposta del mediatore per una zollverein neuronale.

    inoltre hanno ottenuto che le prossimi riunioni si svolgano presso la spiaggia di rothéneuf, intervallate da sessioni di tiro al gabbiano.

    in compenso posso agiungere una nuova impresa al mio glorioso curriculum: insieme ad un team di esperti siamo riusciti a ricostruire tutti e nove i nomi dei barbapapà.

    barbapapà, barbamamma, barbabella, barbalalla, barbabarba, barbaforte, barbabietola, barbagianni, barbaresco


    ultim’ora

    il professor william kernell, ricercatore di fisica applicata presso il mit di boston, sarebbe riuscito a riprodurre in laboratorio un’anomalia temporale. per la teoria dell’economia globale, le azioni delle compagnie di ombrelli sono alle stelle

    venerdì 10 settembre 2004

    avvertivo un peso alla testa.

    invece di assumere dell’inflazionato paracetamolo, ho tagliato i capelli.

    adesso la mia testa pesa 7 etti in meno.

    mercoledì 8 settembre 2004

    ore 17.30, interno giorno


    -buongiorno, sono xxx, ho per le mani il suo curriculum, mi sembra molto bello.

    -mi dica (bello? la prossima volta glielo faccio recapitare inciso nel bronzo e firmato cattelan)

    -le interesserebbe un lavoro di 4 mesi come redattore?

    -certamente (farei anche il minatore se qualcuno mi pagasse per farlo, mi chiedi se voglio fare il redattore? molto meglio che lavorare)

    -e sarebbe disposto a trasferirsi a 400 km da dove vive?

    -sicuro (cioè, voi mi tirate fuori da qui per portarmi 4 mesi al mare e in più mi pagate anche? grandioso)

    -però è una cosa urgente, lei è libero da subito?

    -sì (è una vita che sono libero)

    -allora la faccio chiamare immediatamente dal mio collega per i dettagli. se vi accordate sul prezzo, lei parte domani.

    -d’accordo.


    ore 21.15, interno notte


    -buonasera, sono il collega di xxx.

    -mi dica (il fatto che doveva chiamarmi circa 4 ore fa un po’ mi insospettisce, lo sa?)

    -volevo dirle che purtroppo le assunzioni sono chiuse, ma terremo conto del suo curriculum per altre occasioni.

    -ah. ok. grazie. (lo sapevo che non dovevo fidarmi di uno che si presenta come xxx)

    martedì 7 settembre 2004

    la natura del buddha contempla tutto l’universo. è uno dei fondamenti dei koan zen.

    ne parlavo ieri con il mio maestro di meditazione orientale, un pechinese trasferitosi qui con la famiglia appena nato, e che è stato illuminato all’età di due anni mentre camminava da solo di notte sul bordo di una statale.

    per adesso sono il suo solo discepolo, ma io credo che la sua fama presto si spargerà a macchia d’olio, anche se alcuni sostengono che l’illuminazione di quella notte sia merito solo del camion della centrale del latte


    -maestro, può dirmi qual è il senso della vita?

    -wu

    -…

    -sono pur sempre un cane

    -…

    lunedì 6 settembre 2004

    esercizi di stile


    un profilo di villette basse, seminate in filari non perfettamente allineati, sarebbe l’unico riferimento panoramico per chi approda dal lago, se non fosse per due alti palazzi, castore e polluce, infissi come due chiodi a pochi metri dalla riva e che restano in primo piano rispetto al campanile della parrocchia, rivale solitario qualche metro più a sud, separato da due case e un torrente iroso solo nel periodo della stagione delle piogge.

    il campanile può vantare una felice sopravvivenza alla cura da fulmine e cinque campane, anonime ma perfettamente funzionanti, numerate semplicemente con dei cardinali (roncalli, borromeo, schüster, martini e mastai-ferretti)

    il visitatore che occasionalmente giungesse la domenica dal lago potrebbe ammirare i due palazzi e il campanile e sullo sfondo le colline che danno la curiosa impressione di trovarsi sul fondo di una buca da golf, accolto dal suono delle campane che annunciano la messa.

    azionare le campane, all’interno del campanile, non è compito da poco: necessita di preparazione fisica e ritmica, per tirare, bloccare e rilasciare a tempo le cinque corde in modo da formare la perfetta sequenza delle sole due melodie consentite nella parrocchia per comuincare l’imminente funzione domenicale.

    provvedere al corretto funzionamento delle campane è quindi compito di un manipolo di manovratori capaci, un triumvirato presieduto dal parroco che, ora in solitudine, ora in collaborazione con fedeli più o meno esperti, (un team di 5 persone, uno per campana) assicurano che il gioioso suono giunga alle orecchie dei fedeli mezz’ora prima e poi cinque minuti prima dell’inizio dell’assemblea, che si svolge tutte le domeniche mattina alle 7.30, alle 9.00, alle 11.00, e annunciare la fine delle messe mattutine al culmine del mezzogiorno con l’ultima suonata a festa che fa da chiosa alle 6 esecuzioni che si succedono dalle sette del mattino.

    il fatto di abitare in uno dei due palazzi di riferimento, per chi avesse voglia di sondare la riva con lo sguardo e possedesse alcuni requisiti fondamentali, come essere su una barca, oppure stare sulla sponda opposta del lago, mi riempie di orgoglio.

    mi permette anche di saper ormai riconoscere la mano di chi sta doverosamente compiendo il gesto del richiamo della comunità nel giorno del signore, perché ognuno possiede un suo ritmo, una personale interpretazione musicale, e potrei anche giudicare, senza tema di smentita, se l’esecuzione è fatta in solitaria oppure ottenuta con la collaborazione di un gruppo di esperti, o di neofiti.

    questo mi è di grande consolazione, perché mi permette anche di sapere sempre, mentre mi giro fra le lenzuola, chi sto mandando affanculo.


    venerdì 3 settembre 2004

    di norma tutte le organizzazioni rivendicano i loro attentati tramite bollettino. al quaeda, i terroristi baschi, perfino telecom.

    qui invece succedono cose strane (cadono vasi per terra ma la terra viene misteriosamente raccolta e infilata nella spazzatura, i ripiani del frigorifero cambiano improvvisamente inclinazione, lo stereo si orienta verso la mecca cinque volte al giorno, cose così) e nessuno se ne assume la responsabilità.

    ho chiesto ai folletti qui in giro, ma hanno tutti una buona scusa, anche se uno si è comportato con fare sospetto:


    -non è che sai qualcosa di quello che succede qui?

    -non sono stato io. è impossibile

    -ah sì? e perché?

    -perché non esisto

    -mi sa che ci marci un po’ su, con questa storia

    -…



    invece ci sono novità sul fronte cerebrale

    pare che i miei neuroni, dopo le recenti performance olimpiche, vogliano iscriversi ai campionati mondiali di ginnastica artistica, specialità corpo libero. sono determinati nel portare una nuova figura denominata maelström, e si ostinano a provarla più volte al giorno

    giovedì 2 settembre 2004

    vivamo in un mondo pericoloso.

    ieri ho incontrato un tizio che cercava di attirare la mia attenzione per poi aggredirmi con un tomahawk. ovviamente io ho fatto l’indiano. siamo finiti in un locale a bere mezcal, ma poi abbiamo litigato di nuovo perché lui sosteneva che gli avessi dato del verme.