martedì 29 gennaio 2008

del perché trenitalia è il male e di come ho esaurito il bonus bestemmie per l’anno 2008 in una sola domenica di gennaio.


milano - casa eddie, con trenitalia, distano circa 90 km.

io arrivo in stazione a milano, in tempo per salire sul treno delle 11.30 per trista cittadina di provincia G., dove dovrei prendere la coincidenza per casa.

arrivato nella trista cittadina di provincia, scopro che il treno delle 12.13 che dovrei prendere è soppresso per sciopero.

in biglietteria, un individuo con una brillantezza espositiva simile a quella di un protozoo mi spiega che c’è sciopero, ma visto che è domenica non si dice che c’è sciopero. cioè, non c’è sciopero, però in effetti c’è.

sorvolo sulle implicazioni metafisiche della questione e chiedo informazioni sui treni successivi

ora: per arrivare a casa eddie, la domenica, c’è solo un treno ogni due ore. potrebbe sembrare che trenitalia ami creare disagi ai suoi clienti, ma in realtà la motivazione è più fondata e profonda: la religione di trenitalia non permette, nel giorno del signore, che un treno arrivi a destinazione in un orario rappresentato da un numero pari in quanto, essendo divisibili per due, i numeri pari sono il simbolo del demonio (non sto a ricordarvi che “diavolo” etimologicamente deriva da dia-ballein, ossia divisione); essendo la durata del viaggio di poco meno di un’ora, tutti i treni possono partire solo in ore pari, tranne il 19.13 che arriva sì alle 20.09, ma essendo il 19 un numero primo, annulla gli effetti della maledizione.

l’organismo unicellulare parlante che sta in biglietteria mi spiega che lo sciopero (che non esiste) finirà tassativamente alle 17.00 (pur non essendoci), quindi i treni delle 14.13 e delle 16.13 non sono affatto garantiti. cioè potrebbero partire. ma potrebbero anche non partire. oppure potrebbero trasformarsi in un vaso di fiori o in un dinosauro, per quello che ne sa lui e il resto dei dipendenti di trenitalia presenti.

dunque la prospettiva è rimanere dalle due alle sei ore in una ridente cittadina le cui massime attrattive sono comprare eroina a prezzo modici, fornire la possibilità suicidarsi senza dare troppo nell’occhio, e una stazione priva di sala d’attesa.

decido di tornare a milano, mentre sgrano una teoria di madonne da fare invidia alla sala del trecento senese del museo degli uffizi.

mi ripresento in stazione alle 17.30, mezz’ora dopo la fine dello sciopero (che non c’era).

ovviamente il treno delle 17.30 è soppresso per sciopero (me l’aspettavo: lo sciopero, non essendoci, può varcare la soglia spazio-temporale. è un concetto astratto molto difficile da capire per chi non viaggia spesso con trenitalia).

al posto del diretto delle 17.30 c’è un treno metropolitano (significa che per contratto non può fare più di 900 metri senza fermarsi per almeno cinque minuti) che mi porterà a trista cittadina di provincia G. per le 18.20, giusto in tempo per perdere il treno delle 18.13.

io arrivo in stazione alle 20.09, il che significa che ho impiegato otto ore e quaranta minuti per percorrere 90 km.

impostando l’equazione potete farvi un’idea di cosa intendono a trenitalia quando parlano di alta velocità.


mercoledì 23 gennaio 2008

outing

sono un lontano parente di agatha christie. ma appartengo al ramo meno nobile della famiglia, i poveri christie.


stavo cercando di suicidarmi con gli scacchi di vista™ cercando di barare il più possibile (se vinci acquisisci i punti di vista™ e una poster a colori di merleau-ponty) quando un gruppo vacanze di semidei che hanno deciso di svernare da queste parti (ciò la dice lunga sul loro quoziente intellettivo*) irrompe sul balcone cercando di coinvolgermi nell’arrangiamento di alcuni cori di montagna.

gli spiego che io sono solo il segretario del gatto, e che per ogni evenienza dovranno rivolgersi a lui (lo farei anche con quelli che telefonano, se solo il gatto riuscisse a tenere in mano (?) una cornetta). le divinità in vacanza sono sempre ingestibili, lo dico per esperienza.

nel pomeriggio cerco di narcotizzarmi con scarso successo riflettendo sul concetto di pizza ricorsiva, prima di spalmarmi definitivamente sul pavimento dell’ufficio.

la sera arrivo a casa, mi infilo in lavatrice e seleziono il programma per i delicati.


* contrariamente a quanto crede la maggior parte delle persone, non è necessario essere particolarmente intelligenti per diventare una divinità. questo tende ad essere un problema, in effetti, se lo si guarda da un punto di vista razionale


lunedì 21 gennaio 2008

un frequent flyer non è veramente soddisfatto fino a quando non sente una hostess dire al microfono “è vietato giocare a carte durante il decollo”

lunedì 14 gennaio 2008

mi chiedo come sia possibile che la convenzione di ginevra non abbia previsto degli articoli a proposito del lunedì.

ma anche degli avverbi sarebbero andati bene, eh. il lunedì andrebbe perlomeno inserito nell’elenco delle armi non convenzionali atte alla distruzione del pianeta.


io e il gatto disquisiamo sulle implicazioni di idealismo e realismo nell’approccio alla realtà fenomenica.

cioè, lui vorrebbe entrare per salire sulla scrivania.

io lo ignoro perché sostengo che lui non esiste, in quanto la realtà esterna non esiste in sé, ma solo all’interno della nostra coscienza (argomento idealista).

il gatto sostiene che se lui non esistesse, allora non dovrei preoccuparmi nel caso dovesse salire sulla scrivania, anch’essa inesistente (argomento realista o argomento del gatto).

io sostengo che la mia coscienza preferisce una non-esistenza in cui i fogli sulla scrivania non siano pieni di peli e impronte di zampe (argomento della soggettività della coscienza)

il gatto sostiene che se lui non esiste, allora dovrei concludere che lui è solo un’illusione della mia mente, quindi in realtà io sono il gatto, e sono io che dovrei chiudermi fuori dalla finestra (argomento zen).

io sostengo che se io fossi il gatto, allora sarei già fuori dalla finestra, quindi non capisco con chi stia parlando. e comunque l’argomento zen non ha molta presa se il suo sostenitore è privo di un pollice opponibile con cui reggere un oggetto contundente (argomento conclusivo)


io continuo a guardare fuori dalla finestra fissando un ipotetico punto all’orizzonte (ora: qualcuno potrebbe obiettare che non dovrei passare il mio tempo fissando un punto ipotetico all’orizzonte. a mio favore posso dire che a) i punti non si irritano granché ad essere fissati e b) se il punto è solo ipotetico, probabilmente non lo sto fissando veramente).

lunedì 7 gennaio 2008

ero su un divano a guardare criminal mais (un’avvincente puntata in cui un cereale serial killer minaccia la popolazione di boston) quando il comitato per la salvaguardia del pianeta dagli ufi crudeli mi ha chiamato per un’emergenza. cioè, c’erano dei fusti di birra da finire.

secondo alcune teorie elaborate dai nostri esperti, gli ufi crudeli sono attirati dalla birra, quindi è molto importante che le scorte di birra del pianeta non superino mai una certa soglia critica.

questo però ha anche innescato una disquisizione esistenziale sulle differenze fra noi e gli ufi crudeli, che ci tiene tuttora molto impegnati (secondo le teorie più avanzate, è necessario tenere conto dell’intenzionalità del gesto, cioè, noi lo si fa per spirito di sacrificio).

comunque sia, tutto si è svolto nella più assoluta normalità e pacatezza, alla fine ho anche invitato qualcuno a bere una minestra a casa mia (in fondo siamo persone posate, ma ci mancano i cucchiai).

il giorno dopo arrivo in ufficio con alcuni obiettivi ben chiari: chiamare più volte possibile il servizio ora esatta (ho bisogno di certezze nella vita, mica è un crimine) e rispondere a tutte le telefonate d’ufficio come se fossi violeta parra, millantando anche un vago accento cileno.

la sera arrivo a casa, mi metto sul balcone e ascolto i pearl jam nella partitura per zampogna, archi, travi e grattugia elettrica. poi mi verso del paraflu nelle orecchie e mi infilo a letto.

se c’è una cosa positiva nell’inverno, è che prima o poi finisce.