martedì 23 agosto 2011

guardare un aereo dall’alto, mentre sta atterrando, è un’esperienza straniante. per lo meno per chi non abita su una montagna sopra un aeroporto.
qualche ora più tardi, mentre sto camminando in montagna, dopo 700 metri di dislivello, tutto quello che mi ricordo è che il giorno prima, all’imbarco del traghetto, avevo preso accordi con secret squirrel su qualcosa che riguardava il senso dell’universo e una fornitura di noci americane.
dopo altri 150 metri di dislivello, all’interno di una nuvola (da queste parti, avere la testa fra le nuvole non è quasi mai un eufemismo), sto ragionando sul fatto che ci deve essere un motivo se la scienza medica ha deciso di non concentrarsi troppo sui diaforetici.
quando torno a casa decido di reintegrare con magnesio, potassio e franziskaner dunkel.
poi metto sullo stereo nella partitura per viola, rosso spento e tostapane elettrico e mi infilo nella lavastoviglie; finito il ciclo di risciacquo, per raggiungere satori decido di prendere a testate un bokken (nel caso ve lo stiate chiedendo: non funziona granché).


pardo subito (affinità/divergenze fra me e il mio fornitore unico di mandonguillas, dal conseguimento del festival del cinema di locarno)

xx: prima che arrivaste stavamo vedendo i sette semurai
io: kurosawa. uhm, mi sa che mi fa paura, muore un sacco di gente.
xx: non fa paura, ne abbiamo visto metà
io: quindi tre samurai e mezzo
xx: cretino

martedì 9 agosto 2011

io e martina navratilova guardiamo fuori dalla finestra. restiamo lì, immobili, una ventina di minuti, poi una perturbazione nella forza ci avverte che è ora di cena. d’altra parte, è buio e piove.
a grande richiesta, dal primo agosto ad oggi, il diluvio giornaliero delle 17.30 concede repliche circa ogni 3 ore.
la temperatura esterna si assesta stabilmente intorno a quella di murmansk a inizio ottobre e il cielo ha costantemente un colore simile a quello che avrebbe se tutte le divinità della pioggia dell’universo si fossero riunite qui per un contest in cui chi vince governa il pianeta per i prossimi tre millenni.
io vago per le strade (nelle due versioni: con ombrello o senza ombrello) per vedere se incontro rob mckenna, ma senza grande successo.
le più colpite, ovviamente, sono le sagre di paese. la festa country (in cui l’attrazione principale è un toro meccanico che viene usato essenzialmente come parafulmine), la festa dell’agone (una festa tipica lacustre in cui tutti devono vincere, ma non si capisce bene cosa), la festa della patata (vabbè, questa si capisce), la festa notturna del mai a letto (mica posso essere l’unico imbecille da queste parti, no?), si trasformano tutte in un’unica identica festa che ricorda da vicino la sagra della pallanuoto o una rappresentazione sacra dell’arca di noè. d’altra parte è estate, e non c’è niente che si possa fare. a parte emigrare, dico.