martedì 27 marzo 2012

foto di gruppo con frullatore

io e martina navratilova siamo sdraiati sul divano a guardare cosa trasmette il soffitto quando l’universo decide di improvvisare l’overtüre del lohengrin suonato con delle bobine di tesla. non capita spesso, ma quando succede è piuttosto seccante.
non potendo cambiare universo (dopo 7 giorni perdi il diritto di recesso) decido di uscire e andare a un convegno sulle attività ondulatorie e sussultorie connesse con il tennis tavolo organizzato in una taverna di aasgard, dove mangio della pasta insieme a un manipolo di semidei stonati ma decisamente attenti alla qualità del vino.
verso mezzanotte, sulla strada del ritorno, incrocio un daino che mi guarda con riprovazione (credo per motivi di lebensraum) e poi si infila nel bosco. ci rimango un po’ male, perché in altre occasioni saremmo potuti diventare amici per la pelle.
il giorno dopo ho la febbre.
vado in ufficio (so già cosa state per chiedere: “ma vai in ufficio con la febbre?” la risposta è ovviamente no. vado in ufficio con la macchina) ripetendo mantra di guarigione come ohm mani padme ohm (il mantra della resistenza elettrica) o per le saracche delle molucche (non state troppo a sottilizzare: l’unico altro mantra disponibile era “è memole il nome mio, folletto sono io” e uno nella vita deve fare delle scelte).
quando inizio a considerare un’esplosione termonucleare come valida alternativa al paracetamolo è tempo di tornare a casa a collezionare borse di juta da supermercato che, insieme ad uno sguardo attento al cosmo, sono le basi della felicità (non lo dico io, ma la saggezza popolare. cuor contento: il ciel, la juta).
metto sullo stereo la sinfonia ak47 nella partitura per viola, rosso conero e standipanni elettrico e mi infilo sotto coperta cercando di entrare in letargo, ma con scarsi risultati.
non appena finisco di respirare come darth vader ricomincio a monitorare le attività degli ufi.
voi, in caso di invasione improvvisa, seguite la procedura che avete sul manuale.

martedì 13 marzo 2012

nel frattempo sono cominciati gli allenamenti per i campionati mondiali di umidità, che da queste parti culminano con la festa dell’umidità che si tiene a luglio, sotto tendoni (solitamente lasciati a mollo negli acquitrini vicino al lago) dentro cui fioriscono muschi, licheni, salamelle, birre in bicchieri di plastica e, per i nostalgici, una bandiera rossa dietro il bancone del bar.
io ho una mobilità articolare pari a quella di un attaccapanni in ferro battuto (o, in alternativa, rita levi montalcini quando ha mal di schiena) e devo noleggiare un ghiro pratico di stretching (ti zampetta addosso finché non ti ha sistemato, ma solo se non è in letargo) che ovviamente è in contatto con gli spiriti (perché il medium è il massaggio), ma soprattutto quelli che contemplano alcol etilico (un’esemplificazione di quello che si intende con la frase “prendere due piccioni con una fata”)*.
io vado verso l’ufficio cercando di ignorare:
- il fatto che ci sono 4 gradi e si prevede un’escursione termica tipo quella del kalahari
- un inuit che stava cercando parcheggio e che si è perso seguendo una subaru targata appenzello interno
- un ambulante gambiano che si fa chiamare jonathan livingstone e non vuole lasciarmi passare finché non mi ha venduto la naturalis historia di plinio il vecchio (ora per motivi di political correctness si chiama plinio l’anziano) in comodi fascicoli settimanali contornata da un mazzo di mimosa e un braccialetto luminescente.
lo affronto con un jo (il jo è un’arma tipica dell’aikido e consiste nel citare all’avversario un monologo da “piccole donne” finché l’avversario crolla a terra stordito, cosa che di solito accade dopo pochi secondi) e lo metto in fuga.
in ufficio mi limito a contare le telefonate intelligenti (cioè, finora nessuna, ma resto in attesa) e verificare che un coro di nani da giardino non irrompa cantando highway to hell nella versione degli hayseed dixie (non avete idea di quello che può succedere in un ufficio, se ha delle porte su altre dimensioni).
quando esco dall’ufficio mi cimento in attività decisamente più utili, tipo andare in riva al lago a cronometrare le apnee degli svassi.


* mi sa che sto esagerando con le parentesi. nel caso stiate leggendo ad alta voce ed avvertiate senso di vertigine, dispnea, capogiri e perdita dell’equilibrio contattate un logopedista autorizzato; se continuate a leggere, sappiate che peggiorerà e io non sono responsabile di svenimenti o qualsiasi altro danno alla vostra salute mentale (che poi, se state leggendo qui non avete una salute mentale, fatevene una ragione). se invece siete già svenuti, contattate il mio avvocato. conto sul fatto che se siete svenuti non avete letto questa cosa dell’avvocato, ovviamente.

lunedì 5 marzo 2012

sabato mattina, verso le nove e trenta, un’inconfondibile vibrazione mi avverte che il vicino ha acceso il martello perforatore multifunzione pbh bosch, confidenzialmente chiamato hieronymus nel sottobosco esoterico (due funghi e alcune foglie di betulla), con grande disappunto degli gnomi e delle fate del bosco (esiste un sottogruppo di fate del bosco che è molto contrariata all’idea che qualcuno usi il trapano la mattina presto; in genere questo gruppo viene indicato dagli studiosi come le fate silenzio).
contestualmente due testimoni di genova (non mi spiego cosa ci facessero a 231 km di distanza dal capoluogo ligure), dotati di una sensibilità profonda almeno quanto quella del generale bava beccaris, suonano il citofono e vengono accolti da quello che a prima vista sembrerebbe un accostamento improprio fra il concetto di divinità monoteista e un mammifero dell'ordine artiodattili suiformi e invece è una chiara invocazione panteista.
mi guardano come se fossi matto (sono i vantaggi di un videocitofono. mi ero sempre chiesto quali fossero, adesso l’ho capito).
ora, io non voglio in alcun modo contestare le credenze di nessuno (infatti entro in tutte le cucine), e rispetto chi crede in qualsiasi religione, dall’animismo allo zoroastrismo, però parliamone.
tu credi che un essere invisibile stia con te ovunque tu vada e controlli tutto quello che fai in ogni momento della tua vita; credi che quest’essere invisibile abbia dettato dei libri a della gente a caso (invece di scriverseli lui, per dire: onnipotente* ma pigro); credi che devi sempre comportarti seguendo questi libri che vanno presi alla lettera, nonostante siano stati scritti migliaia di anni fa e tradotti in molte lingue prima che uno statunitense di dubbia fama le interpretasse di nuovo; credi che sia imminente la fine del mondo e però questa persona invisibile salverà 144mila persone (e visto che tu sei il fedele numero 144mila + n, dove n sta per un numero intero molto maggiore di zero, mi sa che c’è qualcosa che non quadra); credi che esista un altro tizio invisibile che è nemico di quello di prima (e vorrei tanto sapere da cosa li distingui, se sono invisibili) e invece di litigare fra di loro mettono in mezzo te; ma soprattutto credi che se non mi conosci ma suoni il mio citofono al sabato mattina io non possa esserne irritato.
insomma, va tutto benissimo eh, può essere che sia un mio limite, però non ho capito perché quello matto sono io.

* alcuni studiosi sostengono che l’onnipotenza non possa esistere logicamente, come dimostra il seguente esempio: può un essere onnipotente creare un masso così pesante che neanche lui riesce a spostare? il concetto di onnipotenza genera quindi un paradosso (i paradossi sono quelle cose che si mettono sulle strade per evitare che le macchine ci lascino la coppa dell'olio)