martedì 27 novembre 2012

mi sveglio mentre un coro di nani da giardino installato sul davanzale e diretto da hugh troy junior canta fever all through the night, everybody's got the fever, that is something you all know battendo ritmicamente la testa contro la finestra.
in mancanza di una sezione ritmica, battere la testa contro la finestra aiuta più che schioccare le dita. almeno stando al mio maestro di armonizzazione interiore. e comunque è piuttosto difficile insegnare a un nano da giardino a schioccare le dita.
pur avendo qualche lieve difficoltà articolare e motoria, analizzando brevemente le differenze fra indie pop e indie per cui mi alzo.*
piove, fa quasi freddo, e il mio tentativo di ricreare un microclima simile a quello delle trobriand è miseramente fallito (peccato perché avevo già preso in considerazione di travestire piccettino** da malinowski).
avendo consapevolezza che la prossima bella giornata sarà fra circa sette mesi, il numero di bestemmie per minuto tende decisamente al limite di bremermann.
ad ogni modo sono felice di alzarmi perché in agenda ho un paio di problemi scientifici molto stimolanti che ho approcciato con il metodo filosofico.
so che molti scienziati sono convinti che non esista un modello filosofico; invece il modello filosofico esiste, è scientificamente applicabile e suona più o meno come: "da qualsiasi parte la guardi, non otterrai mai lo stesso risultato". da lì si iniziano ad applicare modelli stocastici, la meccanica quantistica, poi di solito si lascia perdere e ci si beve una birra (la filosofia non risolve i problemi, li abita. ma non ci paga l'imu, sennò non avrebbe i soldi per la birra).

* questa frase è pericolosamente instabile, ma un team di esperti ha stabilito che non può esplodere.
** andré agassi si chiama così in omaggio a leo ortolani, quello che disegna rat-man. per chi non lo sapesse, leo ortolani, con un tempismo invidiabile (appena una decina di anni di ritardo), ora ha un blog: questo. poi non ditemi che non vi avevo avvertito.

lunedì 12 novembre 2012

stavo cercando di suicidarmi con freecell (un team di esperti ha stabilito che è possibile, anche se c’è il fondato rischio di non morire ma di diventare epilettici a vita) quando un emissario di andreetta e pesciallo* mi fa sapere che martina navratilova, franco davin e suo fratello bicer mi aspettano per disquisire sulle possibilità di del potro di arrivare in finale al master.
di norma leggerei il futuro nei fondi di gattinara, ma è un passatempo decisamente costoso, così decido di aspettare domenica.
nel frattempo mi inserisco in contese verbali con la delicatezza che contraddistingue un board check di petteri nummelin e continuo ad interrogarmi sul principio di realtà (secondo un’interpretazione filosofica eterodossa che attualmente mi sento di condividere, la realtà non è altro che ciò che continua ad esistere anche quando smetti di crederci. è un modo come un altro per dire che il nostro universo è piuttosto testardo).
quando ho un po’ di tempo mi sdraio sul divano e studio le affinità e le divergenze fra il brandy vecchia romagna e il brandy questa mano zingara.

* se non sapete chi sono andreetta e pesciallo vuol dire che non avete mai visto la tsi (che adesso si chiama rsi perché la creatività degli svizzeri è illimitata). d’altra parte, google sta lì apposta, devo dirvelo io? ma se solo aveste un briciolo di fiducia in me (lo so che non l’avete, dico per dire) potete tranquillamente andare avanti a non saperlo e vivere bene uguale.

ultim’ora
in uno studio sulla cultura arcaica pubblicato sulla rivista “nature” l’etnologo marc zetterberg è giunto alla conclusione che alcune frasi della saggezza popolare mediterranea andrebbero riviste sulla base di pregiudizi radicati nelle comunità di quelle aree geografiche. i risultati dello studio saranno pubblicato in un libro edito dal saggiatore dal titolo timeo danaos et dona bionda