mercoledì 18 dicembre 2013

è una bella giornata di sole, il lago se ne sta placido al suo posto (è bello sapere di poter contare sulla discrezione del lago) e il termometro della farmacia segna 24 gradi. ma non è più rotto, l’hanno aggiustato qualche tempo fa; solo che è rimasto molto ottimista e appena vede un raggio di sole è convinto di stare alle baleari.
il termometro che sta sotto la mia ascella invece, è convinto di stare nel deserto del sonora nell’ora più calda della giornata*, e tutto sommato, non è piacevole per nessuno
quello che sto cercando di ottenere è una temperatura corporea accettabile e un'accordatura aperta di re (secondo le mie fonti, per avere un'accordatura aperta di re devi avere un monarca illuminato. per avere un monarca illuminato devi avere una famiglia reale con un contratto enel) ma alla fine rinuncio a entrambe le ipotesi e mi limito a stendere una pezza bagnata sulla mia fronte, sdraiarmi sul divano** e comunicare il mio disappunto con dei lamenti cadenzati mentre martinanavratilova mi guarda perplessa.
secondo una teoria accreditata presso il massachusetts institute of technology*** le corde vocali sono lo strumento sonoro più flessibile dell’universo (se si esclude un suono estremamente modulabile che i cosmologi hanno verificato provenire dalla costellazione del cane maggiore**** e che chiamano confidenzialmente “voce di suocera”); utilizzandole sulla corretta lunghezza d’onda, avendo cura di usare il cranio come cassa armonica, è possibile aprire varchi dimensionali, viaggiare nel tempo senza utilizzare trenitalia, smaterializzarsi (so quello che state pensando, e sì, è la versione laica del mantra di cenresig).
verso le 17.30 mi smaterializzo definitivamente e finisco in uno spin off di law and order fino a quando non mi faccio prestare della tachipirina da jerry orbach.

* questo risponde alla domanda: “sonora, quando?”
** ho la febbre ma posso sentire tutti i fan di al-khwārizmī fremere di passione. beh, è un hysteron proteron, non rompete, occhei?
*** ad essere precisi, il simmons late night café, ma solo dopo un’adeguata dose di caffè
**** pare che, dato l’anzianità di servizio, stia per diventare la costellazione del cane tenente colonnello

mercoledì 20 novembre 2013

stavo sdraiato sul divano cercando di suicidarmi guardando ininterrottamente la metà sinistra della tv* sintonizzata su eurosport in tedesco e precisamente mentre stavano trasmettendo una partita di snooker** con marco fu (siccome immobile) quando la mia voce interiore mi trasmette un messaggio in arrivo da una dimensione parallela in cui un’entità verosimilmente aliena mi suggerisce di alzarmi e bere del calvados*** (in realtà il calvados si può bere anche seduti, ma mica sempre è a portata di divano) ma soprattutto di smetterla di scrivere lunghi periodi illeggibili pieni di note e parentesi abusando di ipotassi e coordinate pure se non bancarie****.
io opto per ascoltare un consiglio su due, che mi sembra già una buona percentuale.
nel frattempo fuori diluvia, il che è piuttosto normale, se si esclude il fatto che il rumore della pioggia sulla grondaia ricorda una melodia di fado che imprime all’ambiente una caratteristica gioiosa atmosfera che mi ricorda perché stavo provando a suicidarmi con lo snooker (il fado è bello ma è limitato, se non si aggiungono anche le altre 5 note).
la sera, mentre guido in cerca di una pizzeria aperta o di un rösti take away sento un rumore strano sulla mia macchina, tipo la cinghia che gratta. poi accorgo che, per la prima volta in sei anni, sto guidando con lo stereo spento. accendo lo stereo e il rumore immediatamente sparisce.
quindi ve lo dico per esperienza, se volete che la vostra auto non abbia problemi meccanici, accendete lo stereo.

* la metà destra è occupata da martinanavratilova
** in realtà lo snooker mi piace abbastanza quindi non è del tutto adatto al suicidio, ma non c’era né il ciclismo né la formula uno
*** lo so che nessuno beve più il calvados. sono tutti passati al calvawindows
**** questa frase concorre al premio martin heidegger 2013 per il periodo più incasinato dopo la rivoluzione francese

martedì 5 novembre 2013

stavo cercando di tornare a casa durante il diluvio universale settimanale.
ho infilato la muta da sub di ordinanza, sono entrato in macchina e messo i tergicristalli sulla modalità decollo immediato, ma quando su un tornante ho superato una trota salmonata che stava risalendo la corrente mi sono convinto a noleggiare un hovercraft.
fra le altre cose devo confessare che questa cosa del diluvio universale mandato come punizione mi sembra una cosa che, va bene tutto, ma sulla scala evolutiva avvantaggia troppo i pesci; ci deve essere lo zampino (pinnina?) di una divinità ittica.
il giorno dopo, inspiegabilmente, non piove. forse le divinità ittiche sono distratte, o forse è stata quella cosa dell’hovercraft.
mentre esco incontro in giardino che guevara che sta insegnando tecniche di guerriglia agli gnomi.
per lo meno è quello che immagino io, visto che tecnicamente gli gnomi sono molto piccoli, ma soprattutto invisibili (ciò li avvantaggia nelle tecniche di guerriglia, ma li svantaggia negli spostamenti sul territorio. è per questo che che guevara* insiste sul fatto che la velocità di un drappello di guerriglia non è data dal soldato più veloce ma dal pilota dell’elicottero).
in ogni caso, che guevara appena mi vede si infratta nella boscaglia e non ho modo di approfondire.
la sera ho una riunione con alcuni membri della chiesa missionaria del kopimismo in una taverna di asgard, stiamo cercando di capire a) come è possibile copiare degli alcolici e b) se invece di moltiplicare il vino si può fare la stessa cosa con la birra, o se è considerato eterodosso.
quando arrivo a casa metto sullo stereo la colonna sonora di let’s get lost nella partitura originale con l’aggiunta di ronzio elettrico e avvio un meccanismo di retroazione negativa in grado di stabilizzarmi sul divano.

* so che sembra un pleonasmo (o almeno, vi sembrerebbe un pleonasmo se conosceste le figure retoriche) ma mi piaceva scritto così. ne approfitto per sottolineare che sarebbe ora la smetteste di scrivere su internet “che culo” e optaste per un più politically correct “ernesto guevara omosessuale”.

mercoledì 23 ottobre 2013

piove a tratti.
ma non sono del tutto sicuro di sapere dove si trova tratti, quello che importa è che soprattutto piove qui.
insomma, piove regolarmente e senza tregua, ma ogni 15 minuti si scatena il diluvio universale, per sottolineare il dominio delle divinità del clima sul pianeta e la precarietà umana rispetto agli agenti atmosferici (dei tizi in giacca e cravatta nera che controllano che il clima sia quello deciso dalle divinità preposte).
non è che le divinità del clima siano cattive, è che normalmente sono affette da quello che il dsm-iv classifica come disturbo narcisistico di personalità. come gran parte delle divinità in genere, del resto.
grazie al clima secco e gioioso il giardino è disseminato di funghi che gli gnomi usano come rifugi antiatomici o, in alternativa, come respingenti da flipper, a seconda dell’atmosfera del bosco.
non sarebbe neanche poi così male se solo non si ostinassero a cantare le canzoni degli 883 riarrangiate in gregoriano (meglio dell’originale, comunque). io giro per le strade a caccia di ufi crudeli, ma tutto quello che ottengo è una argomentata revisione del concetto di “impermeabile”.
tra le altre cose, visto che sembra che non riesca a ricordarmi di uscire con l'ombrello, una buona soluzione potrebbe essere ricordarsi di uscire con lo shampoo.
verso sera accendo la tv per verificare una teoria della matematica discreta (per chi non lo sapesse, la matematica discreta è meglio della matematica sufficiente, ma peggio di quella buona), in questo caso la teoria di ramsey, che generalizza domande del tipo: qual è il minor numero di programmi televisivi necessario affinché ci si imbatta in un cuoco idiota?
alla fine però mi ritrovo a guardare steaua bucarest – basilea dove severino piacquadio regala perle tipo “goal. uno a uno per lo steaua bucarest”.
prima di andare a dormire incrocio paul erdős che dallo specchio del bagno mi annuncia che la sua mente è aperta, ma anche il mio frigorifero, e sarebbe spiacevole pagare la bolletta enel in comode reni mensili.
ringrazio educatamente, chiudo il frigorifero poi torno in bagno e chiedo a erdős se cortesemente può trovarsi un altro specchio

lunedì 14 ottobre 2013

nel tardo pomeriggio, durante il solito nubifragio delle 18.30, controllo lo stato delle surfinie: la maggior parte ha deciso di depositarsi direttamente sul balcone, quelle più coraggiose si sono suicidate qualche giorno fa, con le prime piogge invernali, mentre un team di esperti meteorologi mi consegnava la nomination come miglior rob mckenna europeo del 2013.
non avendo più le surfinie come forma di comunicazione, io e il mio radiofaro scandagliamo la costellazione di orione in cerca di vita intelligente (qui sulla terra abbiamo difficoltà a trovarne).
ogni tanto ricevo un messaggio dagli ufi sotto forma di istruzioni per l’uso di morniflumato, o di una relazione sulla dipendenza da butamirato citrato, ma tutto con la dicitura “riservato e personale”.
ormai è ovvio che gli ufi non se la sentono di prendere un contatto stabile con la specie homo sapiens. chi può dargli torto?
voglio dire, homo sapiens sta sul pianeta da circa duecentomila anni, ed è diventata la specie dominante da molto meno (a suo dire, ovviamente: è molto facile dimostrare di essere la specie dominante quando sei l’unica specie che viene interpellata).
per farvi un raffronto, i dinosauri sono stati specie dominante sul pianeta per 160 milioni di anni, cioè ottocento volte homo sapiens. le stromatoliti, per circa tre miliardi di anni.
capirete che gli ufi non sono così ansiosi di prendere contatto con una specie praticamente appena nata, tendenzialmente idiota e potenzialmente distruttiva, solo per fare una comparsata a studio aperto.
nel frattempo è arrivato l’inverno, ci sono 6 gradi, e io ho una voce che sembra quella di lurch addams nei momenti di sconforto. quando va bene. quando va male, tossisco come se il mio corpo fosse stufo di avere dei polmoni.
la sera arrivo a casa, indosso il mio costume da jan palach e mi infilo nel camino.

lunedì 30 settembre 2013

mi sveglio e spengo la sveglia che suona mentre segna le 7.30. niente di strano, visto che è stata programmata per suonare alle 7.30 e l’universo sembra procedere normalmente.
quello che è strano è che accendo la luce, chiudo gli occhi, mi alzo, ma la sveglia improvvisamente segna le 8.05, e l’universo è d’accordo con lei.
un team di fisici quantistici sta cercando di esaminare scientificamente i miei momenti di sfasamento spazio temporale, per ora le ipotesi più accreditate sono: interazione con degli universi alternativi, abduction, sindrome di korsakov.
comunque avere una linea temporale accettabile non è un requisito fondamentale per vivere bene, sappiatelo.
al gruppo di auto aiuto del venerdì (quello gestito da un cavedano in crisi depressiva) sostengono che per vivere bene bisogna liberarsi delle figure ingombranti. io ho iniziato buttando via una gigantografia di barbadillo, ma non so se ha già funzionato.
comunque un gruppo di auto aiuto è sempre comodo perché oltre a farti sapere che ci sono persone più strane di te sul tuo stesso pianeta ti insegnano anche a cambiare le gomme, controllare l’olio, ricaricare la batteria. da quando li frequento ho imparato che non si deve masticare lo stesso chewing gum per più di una settimana, a friggere solo quando l’olio è ben caldo e a non far spegnere continuamente il telefono cellulare.

giovedì 19 settembre 2013

mentre cerco di arrivare in ufficio, con la tipica espressione di boris karloff quando scopre di aver sbagliato candeggio, incontro due testimoni di genova (la percentuale di testimoni di genova in questo paese è incredibile, specie se si pensa che non siamo neanche in liguria) che mi sventolano in faccia una foglio di carta con su scritto “svegliatevi”. fosse facile, è almeno un’ora che ci provo, con scarsissimi risultati.
per evitare questioni eseguo il vecchio trucco dell’invisibilità (è facile se si ha il mantello magico*) e mi avvio verso l’ufficio orientandomi con le fessure nei marciapiedi e le voci in schwyzerdütsch (basta stare lontani da entrambi).
nel pomeriggio, io e la sindrome vertiginosa parossistica posturale (svpp) abbiamo in programma una sessione di allenamento con la la tecnica di dispersione di brandt-daroff. per chi non sapesse cos’è la tecnica di dispersione di di brandt-daroff vi basti sapere che il paziente deve passare a prendere con la macchina i signori brandt (detto willy) e daroff, bendarli e lasciarli in mezzo a un bosco di notte.
non è sicuro passino le vertigini, ma è una tecnica che può dare le sue soddisfazioni.
verso sera torno a casa, metto sullo stereo la sonata ak47 di johan karposkij per campanello, violino e kalashnikov, mi infilo della lavatrice e metto il programma per i delicati.
fra le altre cose volevo anche dire che ho noleggiato un aerosol. e niente, è davvero accordato in sol.

* il mantello dell’invisibilità è un oggetto magico che puoi indossare avendo cura che ti copra la testa e buona parte del corpo. quando hai addosso il mantello dell’invisibilità nessuno può vederti in volto mentre cammini, anche se aumentano le possibilità che tu prenda in fronte il primo palo della luce a bordo strada. è pur sempre un mantello dell'invisibilità, mica uno scudo spaziale.

lunedì 2 settembre 2013

campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo
(per quelli che contano, la risposta è ovviamente 42.)*


avevano combinato il tutto sorseggiando gin tonic, bellini e un’aranciata amara donata dal proprietario della villa in cui si trovavano quasi per caso, uno di quegli impeti travolgenti che a volte scuotono il branco.
si sa come andavano quelle cose in quegli anni, tutti ubriachi a notte fonda, quando l’intellettuale del gruppo, sciarpa al collo, vaticina di lotta di classe e con stile sobrio e gesti dotati di estremo fascino spiega che gli uomini mica son fatti per essere schiavi od operai, e bisogna porsi nella prospettiva storica che l’uomo è fatto per lottare contro l’ingiustizia, ballare in piazza e godersi la vita, girare tardi le strade con ferrari a marce automatiche o sgambettare felice nei prati senza alcuna preoccupazione, libero una volta per sempre.
continuava imbaldanzito forse anche dagli effetti dell’alcol, mentre gli altri turbati stavano a guardare, e sfilava in passarella con la sicumera dei giovani mai erranti, come se tutto seguisse un perfetto filo logico.
non si curava se qualcuno gli faceva notare che erano tutte castronerie, che c’è il rischio di dover scappare sui monti e darsi alla macchia, senza neanche poter mai lavare la biancheria, mangiare un piatto caldo, sentire gli investigatori alitarti sul collo o, peggio ancora, che ti schiaffino in prigione per il resto della vita.
non so ancora perché alla fine andò così, sono quelle cose che maturano in un crescere sinfonico, prima sussurrate poi interiorizzate, fino quando alcuni progettarono davvero l’assalto alla national banks vicino agli orti zoologici.
avevano programmato tutto, i mascheroni da buffone che non rivelino le morfologie dei volti, il palo fermo ore all’ingresso per studiare l’attimo adatto, l’auto per la fuga.
e poi l’irruzione, le armi puntate sugli astanti con fare gentile e misurato, con gli occhi rossi di adrenalina che sbucavano dalle maschere e tradivano l’affanno di un azzardo inconfessabile.
quello che li salvo dalla forca fu che alla fine non avevano ucciso nessuno ma rimasero fare i conti con il proprio grosso errore per molto tempo, soli nelle proprie celle.

* se siete qui per caso e non ci avete capito nulla, non avete di che preoccuparvi. questa è una cosa che faccio ogni tanto con i lettori affezionati di questo blog (tre), e quindi niente.
se poi avete capito di cosa si tratta e non avete niente di meglio da fare, volevo dirvi che questa volta è davvero difficile, e anche i pochi malati di mente che di solito fanno queste cose potrebbero incontrare grosse difficoltà. io vi ho avvertito, se poi tentate il suicidio non potete farmi causa, o almeno così sostiene il mio avvocato (che attualmente è uno scoiattolo che pago a ghiande, perché carcarlo è impegnato).
sto ancora cercando un premio adeguato per chi ci riuscirà (ma tanto non ci riuscite), ma sono orientato per un giro in battello sul lago con esegesi di germani reali e germani immaginari, o un tso.
la soluzione completa starà nei commenti, fra qualche giorno

venerdì 23 agosto 2013

campionati mondiali di gatto sincronizzato

alcune foto della gara finale della prova a coppie dei campionati mondiali di gatto sincronizzato 2013, esercizio che ha favorevolmente colpito la giuria che ha premiato la coppia con una media voto di 9,5 per un coefficiente di difficoltà 3,2.
dal 2007 il gatto sincronizzato è disciplina olimpica

venerdì 9 agosto 2013

stavo guardando il campionato mondiale di gatto sincronizzato mentre dalla finestra entravano prepotenti le note di un’orchestra di brașov, marius lacatus e gli ursus sonorum (un sursus di ursus è la hit del momento) quando l’universo mi implode addosso.
non è un grosso problema, uno può sempre cambiare universo (se ha tenuto lo scontrino) o trasferirsi su una singolarità (che è perfetto per gli antisociali), ma mi dispiace per i vestiti.
nel frattempo da queste parti è cominciata la stagione dei monsoni, con violenti temporali giornalieri che mi hanno sterminato le surfinie, e io non so più come comunicare con gli ufi.
quindi faccio come fanno tutti, ricorro alla telepatia, che è uno dei metodi di comunicazione più perfetti ed efficaci. per lo meno finché le persone non si parlano.
è anche arrivato il momento di partire per le ferie, quindi immagino che non ci siano molti lettori da queste parti (già è difficile che uno legga questo blog da casa, figuriamoci dalle ferie) ma siccome so che la gente si perde spesso (qui è pieno di turisti che si perdono, ad esempio) e questo è anche un blog di servizio, in caso di necessità vi lascio una mappa dettagliata per raggiungere comodamente le vostre case.


se vedete in giro uno con i capelli un po’ lunghetti, uno zaino in spalla e l’espressione intelligente di un’attinia, fate ciao con la manina.

venerdì 26 luglio 2013

sono spiaggiato al passo delle colombe (che poi dovrebbe chiamarsi volo delle colombe, che le colombe mica passeggiano) mentre sto cercando di riprendere un ritmo cardiaco accettabile e contemporaneamente litigo con un labrador per il possesso di un panino al prosciutto (il *mio* panino al prosciutto, secondo me; lui invece è di impostazione marxista ortodossa ed è contrario alla proprietà privata) perlomeno fino a quando il padrone del cane non lo distrae con una marmotta impagliata.
il mattino dopo sono in ufficio a meditare sul quando bussano alla porta due testimoni di geova (i testimoni di geova in ufficio è considerato dalla convenzione di ginevra un gradino sotto al waterboarding). gli spiego che il processo a geova si tiene da un’altra parte, e nel frattempo simulo un attacco termonucleare e li congedo promettendo di pensare alla fine del mondo (do).
torno a casa e la tv trasmette a reti unificate l’immagine di una porta.
ne approfitto per segnalare ai giornalisti italiani (vabbè, giornalisti: quelli che dicono le robe in tv) che so com’è fatta una porta.
in ogni caso, provando ad ascoltare l’audio (cosa che sconsiglio vivamente, in ogni caso), si capisce che è una diretta per informare le persone che è nato un figlio alla famiglia windsor. io dico che bastava fare come il tizio giù in paese, che ha messo un fiocco azzurro alla porta e morta lì, mica sono venuti tutti a inquadrare la sua porta. e poi se proprio vuoi creare l’evento (cosa che sconsiglio vivamente, in ogni caso), chiama degli sceneggiatori migliori, trova una location adatta, che so, una grotta con dei pastori, organizza un party di benvenuto con gente che porta doni, insomma, un po’ di rispetto per la tradizione.
comunque, visto che ora sono informato, volevo dire alla famiglia windsor che se ci devi mettere una settimana per scegliere un nome per un bambino, almeno trovane uno originale, mica il nome del bisnonno che la tua famiglia usa da settordici generazioni. allora, dato che sono bravo con i nomi, ne ho selezionati tre che mi sembra possano andare bene per il prossimo:

- sofferenzo (o come dicevan tutti renzo) windsor
- perfida al bjorn windsor
- windsurf windsor

mercoledì 10 luglio 2013

ehi sventura

un paio di pettirossi hanno deciso di fare il nido sotto il pianerottolo della scala esterna di casa, e ora di fianco alla porta di ingresso c’è una nursery che strepita come se non ci fosse un domani, mentre i genitori vanno avanti e indietro con dei vermetti nel becco, sotto lo sguardo attento di martina navratilova che controlla le operazioni di volo dalla finestra.
qualche sera fa, dopo una pizza al passo (che non è l’equivalente di una pizza da asporto da consumarsi passeggiando) mentre scendevamo in macchina abbiamo incrociato nell’ordine (e nella strada): una donnola (redattrice del settimanale dei boschi “io donnola”); un daino (con cui avremmo potuto diventare amici per la pelle, ma pare che lui non fosse d’accordo); un cucciolo di volpe imparentato con lord fennec che attraversava la strada con noncuranza.
ieri invece una volpe adulta zompettava sul prato sotto il balcone di casa, e non ho capito bene se fosse del servizio segreto e stesse cercando di fare la posta a una talpa o se stesse solo cercando di farmi capire che avevo sbagliato il colore delle surfinie.
io da tre giorni ho una gastrite da stress così forte che l’unica cosa che riesco a ingerire è del gaviscon, ma solo se aspirato direttamente con una cannuccia.
anche perché razionalmente sono in grado di gestire gran parte dell’universo mentre la mia soglia emotiva è quella di un bambino di cinque anni con turbe psichiche, sorprendentemente abile a recepire l'addestramento e incline al credersi infallibile. questo genera una lieve dicotomia corporea che si manifesta con visioni mistiche e l’emanazione di una debole aura al profumo di lavanda. gastrica.
nel frattempo delle entità incorporee aliene mi hanno cambiato l’ora della sveglia (ne approfitto per dire agli ufi che io uso il telefono come sveglia) e hanno materializzato una penna blu sul mio comodino.
la cosa più impressionate, ovviamente, è la materializzazione.
per dire, la smaterializzazione è più semplice della materializzazione, per via della freccia del tempo e del secondo principio della termodinamica.
spesso ai seminari di specializzazione per il gruppo di controllo ufi ho assistito a delle conferenze di guru che davano dimostrazioni di smaterializzazione: una volta, a stoccarda, un maestro di yoga ha smaterializzato un litro di birra in pochi secondi

lunedì 24 giugno 2013

chiamatemi ismaele. che non si trova mai quando si ha bisogno di lui.
mi sveglio e il mio cervello sta trasmettendo in loop la prima strofa di seven bridges road nella versione per glockenspiel cantata dal coro dell’armata rossa.
ho avuto dei risvegli migliori, per dire. ma anche peggiori, adesso che ci penso.
alla fine è arrivata la primavera. lo so che tecnicamente nell’emisfero occidentale sarebbe cominciata l’estate, ma da queste parti l’estate arriva intorno a metà luglio e si manifesta con temperature miti ma con l’umidità tipica delle foreste tropicali, temporali giornalieri la sera, con occasionali grandinate e trombe d’aria; questo per lo meno fino a metà agosto, quando inizia ufficialmente l’autunno.
la domanda di spostamento della zona in una fascia climatica più consona è stata presa in gestione dal call center clima, e verrà lavorata entro la fine del millennio. per lo meno così mi hanno garantito, hanno tempi di attesa più brevi del call center telecom.
che sia iniziata la primavera è facilmente evincibile dal fatto che la mia quantità di starnuti al minuto è pericolosamente vicino al record del mondo (ce la giochiamo io e un ragioniere di kyoto) e che le surfinie sul balcone sono resuscitate.
le surfinie servono per comunicare con gli ufi, come le bandiere alfabetiche. alcuni esempi di messaggi tipici da inviare agli ufi sono:

- surfinia bianca = affermativo
- surfinia porpora = ho un gatto a bordo, tenersi bene a distanza e procedere a bassa velocità
- surfinia azzurra = ho il cervello in avaria; non comunicate con me
- surfinia bianca e rossa = state andando verso un pericolo
- surfinia violetto = richiedo un mojito

se vi state chiedendo come comunicare un diniego, basta ritirare le surfinie.
nel frattempo i liquidi presenti nelle mie orecchie hanno deciso di subire l’influenza della gravitazione lunare e il mio equilibrio statico percepito sta raggiungendo velocemente quello psichico.
secondo il team di esperti che ha preso in esame il mio caso (in realtà ognuno aveva una diagnosi diversa, hanno deciso a birra e salsiccia e la diagnosi ufficiale è dell’unico medico che non è svenuto) si tratta di un’evidente sindrome da vertigine parossistica posturale, oppure di un’ipersensibilità acuta ai terremoti di tutto il pianeta. in pratica è come essere ubriachi, ma a mente serena.
quando torno a casa dall'ufficio, mi inietto dell’antistaminico direttamente nella ghiandola pineale, poi mi chiudo in una camera iperbarica a declamare melville.

lunedì 10 giugno 2013

sono sulla tolda ad abbaiare alle stelle (secondo alcuni crittoanalisti pare sia un modo efficace di comunicare con la costellazione del cane) approfittando dell’unica notte in cui non piove, quando all’improvviso avvisto una flotta di invasione di ufi crudeli e contemporaneamente vengo catapultato in un universo parallelo (ma non mi lamento troppo, in un universo perpendicolare sarebbe stato peggio).
la coincidenza è sospetta, come sa benissimo qualsiasi utente di trenitalia.
capisco che qualcosa deve essere andato storto da alcuni dettagli (tipo: siena in finale, nadal che vince per la settordicesima volta il roland garros, manu ginobili che smaterializza il pallone prima di un passaggio*) e ora mi trovo a sostenere infinite varianti di situazioni direttamente riconducibili al test della kobayashi maru.
nel frattempo continuo ad andare in ufficio e cerco soluzioni intelligenti per tornare in una dimensione più consona (finora non ne ho trovata nessuna, ma vabbè. nonostante quello che vi hanno sempre detto, le dimensioni contano. anche se non sempre in base dieci).
verso sera gioco a rialzo** con martinanavratilova (o una versione particolarmente evoluta di martinanavratilova) e perdo, poi mi sdraio sul tappeto mentre il mio cervello trasmette in loop la sigla di miominipony***.
in ogni caso, quando trovo un universo più sensato, vi avverto.

* ho le prove
** se non avete mai giocato a rialzo, siete stati dei bambini fortunati
*** se non avete idea di cosa sia la sigla di miominipony, siete stati dei bambini fortunati

uso privato di mezzo pubblico (pub)
volevo dire alla ragazzina che in un pub lacustre ha visto un tizio squinternato che prima di uscire dal pub cercava di attirare l’attenzione del tastierista tirandogli dei biglietti da visita del pub, e poi sporgendosi sopra il vetro e spolverandogli i capelli con un ombrello tascabile (maledetti air monitor) che il tizio squinternato è stato davvero molto felice che tu non l’abbia guardato male e che alla fine tu gli abbia fatto ciao con la manina

martedì 28 maggio 2013

diario del capitano, data stellare: vedi tappo della confezione

e niente (il mio maestro di scrittura creativa dice che non bisognerebbe mai iniziare una frase con “e niente”, ma che ne sa un cavedano, dico io), avevo una mezza idea di lanciare un delurker day, ma poi alla fine mi sembrava non ne valesse la pena.
insomma, i lettori vanno e vengono, parlando di michelangelo (lo so che non l’avete mai capita, questa cosa di michelangelo. è il caso che ora lo sappiate, è una citazione da t.s. eliot), e questo blog non è fatto “esattamente” per i lettori, quindi vabbé.
cioè, è pubblico, quindi mica mi dispiace se le persone leggono, ci mancherebbe. sta qui apposta per essere letto. ma comprendo che non sia una lettura particolarmente immediata.
in ogni caso, non era esattamente quello che volevo dire.
quello che volevo dire è che non amo particolarmente le ricorrenze (non più delle iterazioni o delle successioni, comunque), ma il fatto è che sono passati dieci anni giusti da quando questa cosa è iniziata.
lo so, in dieci anni sono cambiate molte cose: non c’è più splinder, dove tutto è iniziato (e questo vorrà pur dire qualcosa), e i blog come forma di comunicazione sono morti da almeno due anni.
nel frattempo io ogni anno ho aggiunto una foto (ora sono nove; lo so che la maggior parte di voi non riesce a trovarle, ma mi sembra di aver già detto che questo blog non è fatto “esattamente” per i lettori).
per lo meno, queste sono alcune cose che sono cambiate per quanto riguarda questa cosa che chiamiamo blog.
per quello che riguarda me, sono cambiate molte più cose, ovviamente. ma non amo parlare di me in maniera diretta agli sconosciuti, non so se ve ne siete accorti.
insomma, questo blog si trascina da dieci anni, due piattaforme, 997 post (compreso questo), svariati commenti e perpetua una particolare predisposizione all’uso inopinato di parentesi. in fondo, è tutto qui.
poi volevo dire che con tutta probabilità questa cosa per ora continuerà ad andare avanti, con i miei ritmi (jazz) e i miei tempi (piove, come al solito) e sarà sempre un po’ uguale a se stessa (come potreste verificare se leggeste gli archivi: ma lo so che non leggete gli archivi, è il motivo per cui sarà sempre un po’ uguale a se stessa).
perché nonostante io sia evidentemente contrario, purtroppo appartengo ancora alla specie homo sapiens, e gli esseri umani, alla fine dei conti, non fanno altro che raccontare storie.
voglio dire, noi esistiamo solo in quanto narratori di noi stessi. l'autonarrazione è quella cosa che si chiama identità.

martedì 7 maggio 2013

stavo camminando in riva al lago quando all’improvviso l’universo implode. non che sia un grosso problema, un sacco di universi implodono in ogni momento, e nessuno se ne lamenta troppo (anche perché voglio vedere come fai a lamentarti dopo che sei imploso).
in questa stagione, a queste latitudini, appena dopo il tramonto il cielo assume un colore magico che apre dei varchi dimensionali verso altri universi. il fatto è che in questa stagione, a queste latitudini, il tramonto si vede molto raramente perché piove ininterrottamente per mesi interi e il lago tende a farsi delle lunghe passeggiate in centro paese.
quindi alla fine riesco a infilarmi in un universo alternativo, che però è sbagliato.
chiedo la verifica del notaio (era una delle armi segrete di lupin ii prima dell’upgrade) ma pare che in questo universo non sia prevista.
quello che mi resta sono delle disfunzionalità diffuse nell’area di broca, un dialogo a mezza voce con un cigno e la sigla di mio mini pony.
io mi ritiro nelle mie stanze a disquisire con ilya prigogine di labirintite e sistemi complessi lontani dall’equilibrio, poi chiudo prigogine nell’armadio e insieme a martina navratilova sfogliamo il nuovo libro della trilogia di aldiprando arnesson “il pianeta non ha bisogno di essere salvato, io sì” (per chi fosse interessato, il primo libro si intitola “vorrei salvare il pianeta ma non ho ancora chiesto il suo parere”, mentre il terzo, di prossima uscita, si intitola “ecco le mie coordinate bancarie”.

mercoledì 24 aprile 2013

io di solito non parlo di attualità, lo sapete. anche perché l’attualità mica esiste. ma visto che siamo rimasti in pochi e che sto organizzando un delurking day per il prossimo maggio, volevo fare una confessione.
io ho un problema con la tv. non nel senso dell’elettrodomestico, nel senso di quello che trasmette (infatti per molto tempo non l'ho avuta).
se c’è la tv accesa tendo a diventare addicted e non riesco a staccarmi (mi pare scortese non ascoltare uno che ti sta parlando). quindi non riesco ad addormentarmi con la tv accesa, e fatico a spegnerla, il che può ingenerare qualche problema di algoritmo (ad esempio non potrei mai tenere la tv nella stanza in cui dormo).
ma il problema non è quello; il problema è che non guardo quasi mai film (neanche i cosiddetti “programmi giornalistici”, ma quello mica è un problema, se non li guardo è solo perché i giornalisti si sono estinti nel ’52).
il fatto è che il 90% dei film mi fa paura, non riesco a vederli.
non è per le immagini disgustose, che quelle mica mi danno tanto fastidio; cioè, magari solo un po’, ma non è affatto per quello.
il problema credo sia che io empatizzo. empatizzo con le persone che stanno per essere uccise, con quelli che vengono maltrattati, con chiunque stia soffrendo, con quelli che si imbarazzano per un equivoco. insomma, empatizzo sempre con i buoni; è una cosa indipendente dalla mia volontà, e che mi fa stare male anche fisicamente (l’unica cosa che mi preoccupa è che quando ho visto matrix empatizzavo con le macchine, ma insomma).
non serve a niente sapere che sono robe finte, proprio non ce la faccio.
non è solo un problema dei film di paura (quelli davvero non li capisco, voglio dire, non basta la realtà? pure i film di paura, devi fare?) è proprio una cosa che mi succede con quasi tutti i film.
quindi il massimo che posso fare è vedere i film a pezzi, cambiando canale in tutti i momenti clou, il che mi porta a vivere l’esperienza del film come se fossi affetto da sindrome di korsakoff (può avere i suoi lati interessanti, comunque).
altrimenti va a finire che guardo solo lo sport, i documentari e le serie tv che non siano idiote e che non facciano troppa paura. questo restringe un po’ il campo, lo ammetto.
ma anche le serie tv non del tutto idiote hanno una cosa che non sopporto proprio. se c’è una cosa che odio sono le sottotrame che si sviluppano lungo tutto l’arco delle puntate di una serie.
il nemico che si trascina per tutto l’anno fino all’ultima puntata, la storia d’amore in evoluzione, lo sviluppo psicologico dei personaggi. perché devi metterci tutte queste cose? perché invece di fare dei telefilm tipo hazzard e simon & simon, tre quarti d’ora e morta lì, mi fai dei film da 26 ore divisi in puntate da 50 minuti?
fidelizzano lo spettatore, dicono gli sceneggiatori. e quindi ormai le serie tv sono tutte così. ti costringono a guardare anche le puntate dopo, e in ordine cronologico, sennò poi non capisci, o ti resta il dubbio di come va a finire. insomma, ti fanno stare sulle spine per tutta la durata della serie.
ecco, cari sceneggiatori, forse vi sfugge il punto.
io quando guardo la tv non voglio affatto stare sulle spine, voglio solo rilassarmi sul divano e non pensare a niente.
se volessi stare sulle spine guarderei il mio estratto conto.

mercoledì 3 aprile 2013

mi sveglio e la collina che dà sul lago è tutta ricoperta di primule, c’è il sole, ed è tutto un fiorire di switzerdütch, ma fa comunque un freddo becco.
si capisce che è arrivata la primavera perché sono in coda dietro un’audi targata russia (?), a una volkswagen targata liechtenstein (fl) e una subaru targata zugo (per chi non lo sapesse, affidabili studi medici consigliano di non mangiare la pasta a zugo).
nel finesettimana mi iscrivo a un corso di sherpa e affronto le prove pratiche con ottimi risultati (per esempio, riesco inaspettatamente a non morire) poi per ripicca cerco di suicidarmi alternativamente con tagliata di manzo e guinness e pizzoccheri e rosso di valtellina, anche qui con scarsi risultati, ma per lo meno mi sembra una scelta più intelligente.
martedì sera una delegazione di ufi tiene una conferenza sul concetto di infinito (vi basti sapere che non ha a che fare né con l’innatismo, né con le ferie) poi se ne va lasciando un messaggio di speranza al cosmo erroneamente confuso dalla specie homo sapiens con le istruzioni di montaggio di un beddinge murbo.

comunicazione disservizio
il redirect del link eddiemac.splinder.com non funziona più. o meglio, funziona, ma solo in corrispondenza di complicate congiunzioni astrali e con toro in prima casa (non paghi l’imu, ma ti devasta l’arredamento).
quindi niente, o vi aggiornate il link a controkarma.blogspot.com, oppure qui non ci arrivate più (suppongo riuscirete a dormire lo stesso)

mercoledì 20 marzo 2013

arrivo in ufficio in ritardo, dopo aver seguito in religioso silenzio una processione ieratica presieduta da una citroën méhari e condotta da un settuagenario adepto del bianco sporco, che incensava ignari escursionisti con il tubo di scarico.
non è una valutazione morale, sia chiaro, è solo che non mi piace arrivare in ritardo.
a dire la verità ho ordinato online una macchina del tempo da installare in ufficio ma c’è stato un disguido con il corriere e mi è arrivato un orologio a pendolo.
dalla finestra di fianco all’ufficio degli operai edili armati di trapano a percussione stanno cercando di aprire un varco dimensionale attraverso lo scarico delle acque condominiali, producendo delle scariche epifaniche ogni volta che i neuroni entrano in sintonia con le vibrazioni.
io mi chiudo nell’orologio a pendolo e vengo trasportato nell’era del mucolitico, un’era geologica in cui il pianeta è entrato in una fase di raffreddamento.
verso sera alcuni esponenti del comitato di controllo per le attività degli ufi sul pianeta si mettono in contatto con il mio ufficio stampa (un suricato con cui comunico telepaticamente, attualmente vive nello zoo di berlino per motivi di affitto) per informarmi di una serata a tema “stufato alla guinness” presso una taverna di ásgarðr in onore di un’intelligenza aliena chiamata maewyin.
torno a casa, saluto martina navratilova, mi appendo al cervello un cartello con scritto "chiuso per ferie" poi esco e mi inietto della guinness direttamente nell’ipofisi.

venerdì 1 marzo 2013

capisci che sei stanco quando, verso il crepuscolo, mentre sei in coda sulla tangenziale di milano all’altezza di cusago (in realtà cusago è basso, sappiatelo), vedi un dinosauro appena fuori dalla carreggiata.
lo ignoro e continuo a conversare amabilmente con un parmigiano reggiano.
quando, in vista di casa, supero un podista che sembra un incrocio fra paula radcliff e un cammello zoppo decido che è arrivato il momento di spegnere il cervello.
arrivo a casa, metto sullo stereo la sinfonia n. 5 (l’ergonomica) di johan kirghinskij nella partitura per trapano elettrico e glockenspiel, poi mi chiudo nella lavastoviglie (avrei voluto chiudermi nell’armadio ma c’è una riunione del gruppo per l’abolizione dell’onomastica fra libano zanolari, aramis dozio e severino piacquadio) e tento il suicidio recitando compulsivamente il salterio di egberto.
il giorno dopo sto benissimo, il che significa che probabilmente esistono metodi di suicidio migliori.

sms
xx: sono contento di averti visto, ti ho trovato bene
io: per forza, mica mi ero nascosto.
xx: sei un cretino

venerdì 8 febbraio 2013

io e martina navratilova stiamo cercando di capire se il disegno sul tappetino del bagno è un mandala o un crop circle, e contemporaneamente disquisendo le implicazioni teoretiche del sincretismo* (per lo meno io: lei mi guarda con la tipica espressione incazzata di un cucciolo di alpaca. a tale proposito vorrei ricordare che un alpaca se è piccolo si chiama alpacino, da cui il nome dell’attore. alpachino invece, è un pomodoro siciliano) quando ci appare l’imperatore joshua norton per chiederci un asciugamano e un bicchiere di amaro wunderbar**.
qualche ora dopo, mentre il ghana perde ai rigori contro il burkina faso, sono ad una conferenza sapienziale in cui alcuni esperti illustrano una dottrina teosofica che richiama teorie astrologiche (una cosa che ha a che fare con il campo astrale, la segnatura astrale e l’esultanza sotto la curva astrale) e teorie psicologiche (come la teoria dei tre stadi: stadio orale, in cui impari a parlare, stadio anale, in cui impari a mandare tutti a fare in culo e stadio meazza, in cui unisci le due cose).
decido di intervenire nel dibattito con un koan meditativo sull’origine del mandala e sulla manifestazione del cosmo che vi riassumo qui:

il maestro ram mohan (si chiamava così perché ricordava le cose in maniera casuale, e se ne lamentava spesso) aveva dimenticato di pagare le bollette, e girava per casa al buio ma sbatteva contro tutti i mobili.
interrogò dunque i sacri veda*** per sapere cosa doveva fare con la raccomandata con la richiesta di riallaccio alla corrente.
e i sacri veda risposero: mandala.
ed egli fu illuminato.


per una migliore comprensione di questo koan consultate la vostra ghiandola pineale.

* un esponente del sincretismo si può chiamare, a seconda dei casi, sincretista o sincretino.
** un nome una garanzia.
*** la parola veda indica il “sapere”, la “conoscenza”, la “saggezza”, e i sacri veda sono un'antichissima raccolta di testi in sanscrito che si dividono nei tre libri principali: veda lei, veda un po’, veda di andarsene

martedì 29 gennaio 2013

io e il mio maestro di rilassamento emotivo (uno svasso che ha studiato filosofia analitica a oxford) siamo in riva al lago a bere del monte di colore (da cui il detto tiri il sasso e poi nascondi l’amaro. ci sarebbe anche il detto tiri lo svasso e nascondi la mano, ma temo che il mio maestro di rilassamento emotivo la possa prendere sul personale).
occorre anche dire che bere monte di colore non è una pratica ortodossa secondo le tecniche ufficiali di rilassamento emotivo, ma aiuta.
stiamo dibattendo su un annoso problema emotivo, ossia se dovrei liberarmi o meno di una confezione di camomilla scaduta nel 2010 (so quello che state pensando, ma è un’ottima annata per la camomilla) quando il comitato per l’accoglienza di ufi in missione di pace mi comunica telepaticamente (esistono mezzi di comunicazione migliori, sappiatelo) le coordinate per la prossima riunione operativa: lat 46.46262, long 9.19196.
quindi nel weekend mi metto in coda dietro a una hyundai atos che ha deciso di fare i tornanti a 5km/h (con tutta probabilità ha fatto un giuramento e sta aspettando la hyundai porthos e la hyundai aramis. ne approfitto per dirvi che non c’è niente di difficoltoso nel fare i tornanti, anche se devo ammettere che essere bruno conti potrebbe aiutare).
il giorno dopo ho una mobilità articolare che ricorda da molto vicino quella di un paracarro.
per ovviare al problema sono indeciso fra smirnoff e succo d’arancia o perskindol, ma alla fine mi decido per la vodka (lo svantaggio del perskindol è che dopo l’applicazione profumi di mentolo e c’è la possibilità che alcune vecchiette ti scambino per padre pio).
poi mi metto comodo sul divano ad aspettare l’influenza o, in alternativa, un’ecpirosi.

disclaimer: questo post può indurre all’uso inopinato di parentesi o di prodotti alcolici. nessuna parentesi è stata maltrattata durante la scrittura di questo post.

mercoledì 16 gennaio 2013

medicina internazionale
(per quelli che contano, 39. quest’anno è un numero magico)*


se vi capitasse di passare per roma sappiate che sarebbe facile per voi (dopo una gimcana da competizione per il parcheggio, ovviamente), recarvi nella zona dei colli albani a cercare un’erboristeria o una farmacia da asporto, un negozio di alimentari che serbi ancora una medicina tradizionale contro il mal di testa.
durante il tardo impero, infatti, gli antichi romani avevano già intuito quale male sia così infido e maligno da far impallidire anche i tiranni, arrivare a casa sudanti e in preda al timor estremo che non passi se non con un colpo ben assestato di daga.
la tradizione si è conservata nei negozi della capitale e, se non vogliamo vederci proporre un intruglio di acido acetilsalicilico, more e laudano, delle pastiglie di dubbia provenienza e di media cubatura, o tinture che ci ridurranno il capo verde e i vestiti da buttare (lungi da me voler infligger mania di persecuzione nei lettori, ma alcuni negozianti romani si sentono liberi al raggiro, questo va detto) la nostra pianta è sicuramente il ginepro.
lo troviamo già negli armadi angolari della farmacia di dubrovnik (la più antica farmacia europea conservata nel suo stato originale) e anche secondo alcuni testi apocrifi gitani, con questa pianta, detta anche erba del monaco (poiché veniva usata nei conventi) o erba di santa lucia (poiché si riteneva migliorasse la vista) si riabilita la funzione neurovegetativa e si rinsalda la connettività neuronale; come stendere una mano di malta sulla ossatura cerebrale.
testimonianze delle sue origini orientali si trovano sull’isola di samo, al largo delle coste turche (gli antichi non solo ne ingerivano germogli e bacche durante le fasi acute, ma lo intrecciavano a ghirlanda e lo indossavano come forma di prevenzione) ma ben presto l’uso si estese in tutti i domini cattolici e nel medioevo anche oltre oceano, tanto che la medicina moderna uruguagia ne contempla l’uso come blando antiinfiammatorio e ormai non c’è angolo del pianeta o landa desolata che ne misconosca le qualità.
e devo dire che è un’erba che funziona; io, nelle fredde sere invernali, ubriaco di grappa la usavo per ridurre il dolore alle tempie.
se siete amanti del fai da te, sappiate che occorre attendere i mini germogli di primavera, reciderne i gambi alla base e procedere indi a polverizzare il tutto per benino, prima di ingerire con acqua abbondante.
tu valuta se vale la pena acquistare la pianta, e sicuramente mi ringrazierai. nel caso volessi anche mandarmi dei soldi scrivimi che ti mando l’iban o alla peggio il numero della postepay.

* se siete qui per caso e non ci avete capito nulla, non avete di che preoccuparvi. questa è una cosa che faccio con i lettori affezionati di questo blog (due), e glielo dovevo. se poi avete capito di cosa si tratta e non avete niente di meglio da fare, la soluzione completa starà nei commenti, fra qualche giorno.