martedì 28 maggio 2013

diario del capitano, data stellare: vedi tappo della confezione

e niente (il mio maestro di scrittura creativa dice che non bisognerebbe mai iniziare una frase con “e niente”, ma che ne sa un cavedano, dico io), avevo una mezza idea di lanciare un delurker day, ma poi alla fine mi sembrava non ne valesse la pena.
insomma, i lettori vanno e vengono, parlando di michelangelo (lo so che non l’avete mai capita, questa cosa di michelangelo. è il caso che ora lo sappiate, è una citazione da t.s. eliot), e questo blog non è fatto “esattamente” per i lettori, quindi vabbé.
cioè, è pubblico, quindi mica mi dispiace se le persone leggono, ci mancherebbe. sta qui apposta per essere letto. ma comprendo che non sia una lettura particolarmente immediata.
in ogni caso, non era esattamente quello che volevo dire.
quello che volevo dire è che non amo particolarmente le ricorrenze (non più delle iterazioni o delle successioni, comunque), ma il fatto è che sono passati dieci anni giusti da quando questa cosa è iniziata.
lo so, in dieci anni sono cambiate molte cose: non c’è più splinder, dove tutto è iniziato (e questo vorrà pur dire qualcosa), e i blog come forma di comunicazione sono morti da almeno due anni.
nel frattempo io ogni anno ho aggiunto una foto (ora sono nove; lo so che la maggior parte di voi non riesce a trovarle, ma mi sembra di aver già detto che questo blog non è fatto “esattamente” per i lettori).
per lo meno, queste sono alcune cose che sono cambiate per quanto riguarda questa cosa che chiamiamo blog.
per quello che riguarda me, sono cambiate molte più cose, ovviamente. ma non amo parlare di me in maniera diretta agli sconosciuti, non so se ve ne siete accorti.
insomma, questo blog si trascina da dieci anni, due piattaforme, 997 post (compreso questo), svariati commenti e perpetua una particolare predisposizione all’uso inopinato di parentesi. in fondo, è tutto qui.
poi volevo dire che con tutta probabilità questa cosa per ora continuerà ad andare avanti, con i miei ritmi (jazz) e i miei tempi (piove, come al solito) e sarà sempre un po’ uguale a se stessa (come potreste verificare se leggeste gli archivi: ma lo so che non leggete gli archivi, è il motivo per cui sarà sempre un po’ uguale a se stessa).
perché nonostante io sia evidentemente contrario, purtroppo appartengo ancora alla specie homo sapiens, e gli esseri umani, alla fine dei conti, non fanno altro che raccontare storie.
voglio dire, noi esistiamo solo in quanto narratori di noi stessi. l'autonarrazione è quella cosa che si chiama identità.

martedì 7 maggio 2013

stavo camminando in riva al lago quando all’improvviso l’universo implode. non che sia un grosso problema, un sacco di universi implodono in ogni momento, e nessuno se ne lamenta troppo (anche perché voglio vedere come fai a lamentarti dopo che sei imploso).
in questa stagione, a queste latitudini, appena dopo il tramonto il cielo assume un colore magico che apre dei varchi dimensionali verso altri universi. il fatto è che in questa stagione, a queste latitudini, il tramonto si vede molto raramente perché piove ininterrottamente per mesi interi e il lago tende a farsi delle lunghe passeggiate in centro paese.
quindi alla fine riesco a infilarmi in un universo alternativo, che però è sbagliato.
chiedo la verifica del notaio (era una delle armi segrete di lupin ii prima dell’upgrade) ma pare che in questo universo non sia prevista.
quello che mi resta sono delle disfunzionalità diffuse nell’area di broca, un dialogo a mezza voce con un cigno e la sigla di mio mini pony.
io mi ritiro nelle mie stanze a disquisire con ilya prigogine di labirintite e sistemi complessi lontani dall’equilibrio, poi chiudo prigogine nell’armadio e insieme a martina navratilova sfogliamo il nuovo libro della trilogia di aldiprando arnesson “il pianeta non ha bisogno di essere salvato, io sì” (per chi fosse interessato, il primo libro si intitola “vorrei salvare il pianeta ma non ho ancora chiesto il suo parere”, mentre il terzo, di prossima uscita, si intitola “ecco le mie coordinate bancarie”.