la mia non è una fuga dalla realtà, la definirei piuttosto una ritirata strategica
io e il mio maestro di ricognizione emotiva (un suricato che sta prendendo l’abilitazione per fare il giudice di sedia agli australian open) stavamo cercando di stabilire se i nazgul, tecnicamente, fossero cacciatori di frodo. immaginiamo che la cosa abbia delle implicazioni legali, anche se non sappiamo bene quali.
nel frattempo, nel mio cervello, un coro di nani da giardino vestiti alla zuava sta cantando shosholoza.
so che i nani da giardino hanno il loro perché, ma al momento mi sfugge quale sia (esiste però una categoria di nani da giardino da guardia che, effettivamente, svolge una funzione di una certa utilità sociale).
prima di rientrare in ufficio mi fermo a bere un caffè in un locale con delle vetrine che danno sulla quinta avenue.
seduto in macchina fuori dal bar il vice procuratore jack mccoy mi osserva da dietro il parabrezza.
attivo il mio dispositivo di occultamento e fuggo silenziosamente verso casa prima di accorgermi che in realtà avrei dovuto fuggire in ufficio, ma sun tzu e sun mycrosystem insegnano che una volta presa la direzione giusta, è inutile guardarsi indietro. e comunque, come al solito, ho il torcicollo.
la sera dopo, io e un clone di mc gyver partecipiamo a un seminario sulla costruzione delle scale armoniche.
purtroppo il dibattito si è arena quasi subito perché una fazione sostiene l’inutilità delle scale armoniche a scapito di un più moderno ascensore armonico, mentre un’altra fazione sostiene che sotto la quarta non è un vero intervallo.
io valuto le probabilità che ho di intervenire sulla questione, poi decido di provare ad uccidermi con una rivella.