lunedì 26 gennaio 2015

la mia non è una fuga dalla realtà, la definirei piuttosto una ritirata strategica

io e il mio maestro di ricognizione emotiva (un suricato che sta prendendo l’abilitazione per fare il giudice di sedia agli australian open) stavamo cercando di stabilire se i nazgul, tecnicamente, fossero cacciatori di frodo. immaginiamo che la cosa abbia delle implicazioni legali, anche se non sappiamo bene quali.
nel frattempo, nel mio cervello, un coro di nani da giardino vestiti alla zuava sta cantando shosholoza.
so che i nani da giardino hanno il loro perché, ma al momento mi sfugge quale sia (esiste però una categoria di nani da giardino da guardia che, effettivamente, svolge una funzione di una certa utilità sociale).
prima di rientrare in ufficio mi fermo a bere un caffè in un locale con delle vetrine che danno sulla quinta avenue.
seduto in macchina fuori dal bar il vice procuratore jack mccoy mi osserva da dietro il parabrezza.
attivo il mio dispositivo di occultamento e fuggo silenziosamente verso casa prima di accorgermi che in realtà avrei dovuto fuggire in ufficio, ma sun tzu e sun mycrosystem insegnano che una volta presa la direzione giusta, è inutile guardarsi indietro. e comunque, come al solito, ho il torcicollo.
la sera dopo, io e un clone di mc gyver partecipiamo a un seminario sulla costruzione delle scale armoniche.
purtroppo il dibattito si è arena quasi subito perché una fazione sostiene l’inutilità delle scale armoniche a scapito di un più moderno ascensore armonico, mentre un’altra fazione sostiene che sotto la quarta non è un vero intervallo.
io valuto le probabilità che ho di intervenire sulla questione, poi decido di provare ad uccidermi con una rivella.

martedì 13 gennaio 2015

vladimirko joseffson, docente di antropologia culturale presso la mensa dell’università di jönköping (småland), nel terzo volume della trilogia sul divino “l’onnipotenza è nulla, senza controllo” * seziona il tema dell’onnipotenza divina sulla base di profonde ricerche sul campo**.
l’assunto di base è che le divinità (vladimirko joseffson è convinto che siano molte perché, argomenta, se ce ne fosse una sola, avrebbe sicuramente trovato un modo migliore per comunicare con gli esseri umani e avrebbe evitato la proliferazione di divinità in soprannumero***) non siano affatto onnipotenti come la tradizione vorrebbe far credere.
l’argomentazione a priori riflette sul paradosso dell’onnipotenza nella variante di thomas müntzer (un dio onnipotente può creare un masso così pesante che lui stesso da non riesca più a smuovere?) e le implicazioni logico-ricorsive della computabilità autoreferenziale.
l’argomentazione a posteriori è che se le divinità fossero davvero onnipotenti, in effetti forse potrebbero fare un po’ meglio di così.
del resto, sostiene joseffson, neanche i fedeli pensano realmente che la loro divinità sia onnipotente, infatti mica aspettano che venga la divinità a giudicare chi è empio e chi non lo è, fanno direttamente tutto loro (il rischio, in effetti è che debbano aspettare per un bel pezzo).
infatti, secondo i fedeli, la divinità prende spesso decisioni avventate, oppure è pigra, e insomma, ha sempre bisogno di un aiuto dagli esseri umani. il che non fa che denotare la scarsa stima che i fedeli abbiano dei propri dei****.
la tesi conclusiva del libro è dunque che l’onnipotenza in sé non esista, e che sia una cosa che hanno inventato gli abitanti dell’onnibasilicata.

* puoi acquistare i primi due volumi della trilogia del professor vladimirko joseffson “non hai ancora trovato dio? hai già guardato nell’armadio?” e “dio si nasconde in tutto il creato: timidezza o vergogna?” dal tuo libraio di fiducia.
** è stato anche allenatore di una squadra di calcio di un campionato minore.
*** questa posizione è conosciuta presso gli studiosi come “se ti degnassi di guardare vedresti che oggi ockham ha la barba”.
**** secondo vladimirko joseffson questo è il motivo per il quale le divinità tendono ad essere depresse, egocentriche, vendicative e, in definitiva, soffrono tutte di insicurezza cronica.